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sabato 5 settembre 2015

Il pranzo di fidanzamento (III)

E riprende anche la nostra versione!

Concludiamo in bellezza il capitolo 5, con Danglars tutto sorridente e Caderousse ancora un po' incerto, Che sarà successo? Per leggere per intero il capitolo, ecco il link.

Intanto gli altri convitati commentavano in piccoli gruppi l’arresto, ognuno facendo la propria supposizione. «E voi, Danglars – chiese qualcuno – che pensate dell’accaduto?»
«Io – disse Danglars – credo che abbia portato qualche merce proibita»
«In questo caso lo avreste dovuto sapere, visto che siete il contabile della nave»
«Sì, è vero; ma il contabile conosce solo quanto a lui dichiarato: so che abbiamo un carico di cotone, e basta; so che abbiamo ritirato il carico ad Alessandria dal signor Pastret, e a Smirne dal signor Pascal, niente di più»
«Ora mi ricordo – mormorò il povero padre– che ieri mi ha detto di avere una cassa di caffè e una di tabacco per me»
«Vedete – disse Danglars – si tratta di questo: mentre non c’eravamo la dogana avrà fatto dei controlli a bordo del Pharaon e avrà scoperto il contrabbando»
Mercedes non lo credeva affatto; soffocato fino a quel momento il suo dolore, a un tratto scoppiò in lacrime.

lunedì 20 aprile 2015

Il pranzo di fidanzamento (II)

La seconda parte. Come annunciato, le parole all'aria di Danglars....

Questa risposta provocò una nuova esplosione di gioia e di evviva.
«E quindi quello che crediamo essere un pranzo di fidanzamento – disse Danglars – è in realtà un pranzo di nozze?»
«No – disse Dantès – state tranquilli, non ci perdete nulla. Domani mattina parto per Parigi; cinque giorni per andare e cinque per tornare, un giorno per eseguire coscienziosamente la commissione di cui sono stato incaricato, e il 12 marzo sarò di ritorno. Il 12 marzo, quindi, ci sarà il vero pranzo di nozze»
La prospettiva di un nuovo festino raddoppiò la felicità generale, al punto che papà Dantès, che all’inizio del pranzo si lamentava del silenzio, ora, in mezzo alla conversazione generale, tentava inutilmente di far udire il suo augurio di prosperità ai futuri sposi. Dantès indovinò il pensiero di suo padre e ringraziò con un sorriso pieno d’amore. Mercedes guardò l’orologio della sala e fece un piccolo segno a Edmond. Regnava nella sala, intorno al tavolo, quell’allegria rumorosa tipica della fine dei pranzi della gente di bassa condizione. Chi era poco soddisfatto del suo posto si era alzato da tavola e aveva cercato altri vicini. Tutti si parlavano uno sopra l’altro, e nessuno si preoccupava di rispondere a chi gli faceva domande.

mercoledì 15 aprile 2015

Il pranzo di fidanzamento (I)

E iniziamo con il quinto! L'inizio del corpo narrativo del romanzo sta in questo capitolo.  Da qui in avanti prende il via l'azione del protagonista, Edmond. O meglio, nella prossima parte!
Il giorno dopo fu una bella giornata, il sole si alzò puro e splendente e i suoi primi raggi di un rosso purpureo screziavano le cime spumeggianti delle onde di un meraviglioso color rubino. Il pranzo era stato preparato al primo piano della Réserve, l’osteria con il pergolato di cui abbiamo già fatto conoscenza. C’era una grande sala illuminata da cinque o sei finestre, al di sopra delle quali era scritto, senza che nessuno ne conosca il motivo, il nome di una delle grandi città della Francia; una balconata in legno collegava dall’esterno tutte le finestre.
Benché il pranzo fosse fissato per mezzogiorno, fin dalle undici del mattino la terrazza era percorsa da persone che passeggiavano impazienti. Erano i marinai del Pharaon e qualche amico di Dantès.
Tutti indossavano gli abiti migliori, per fare onore ai fidanzati. Correva voce tra gli invitati dello sposo che gli armatori del Pharaon avrebbero onorato il fidanzamento del secondo; ma questo era un tale onore per Dantès che nessuno osava crederci. Però Danglars, arrivando in compagnia di Caderousse, confermò la notizia; quella stessa mattina aveva incontrato il signor Morrel in persona, che gli aveva assicurato che sarebbe venuto al pranzo alla Réserve. Infatti, un momento dopo il signor Morrel fece il suo ingresso nella sala e fu salutato dai marinai del Pharaon con un evviva e con un mare di applausi.
La presenza dell’armatore era per loro la conferma della voce che già correva, cioè che Dantès sarebbe stato nominato capitano; e siccome Dantès era molto amato a bordo, quelle brave persone facevano capire in quel modo all’armatore che una volta tanto la scelta era in sintonia con i desideri dei subordinati.
Appena il signor Morrel fece la sua comparsa, Danglars e Caderousse furono unanimemente incaricati di andare a cercare i fidanzati: dovevano avvisarli dell’arrivo del personaggio importante il cui arrivo aveva suscitato così grande impressione, e dire loro di affrettarsi.
Danglars e Caderousse partirono di corsa, ma non avevano fatto cento passi che scorsero il piccolo gruppo che si stava avvicinando. Quel piccolo gruppo era composto di quattro ragazze catalane, amiche di Mercedes, che accompagnavano la fidanzata, alla quale Edmond teneva il braccio. Vicino alla futura sposa camminava il vecchio Dantès e dietro di loro camminava Fernand, con un sogghigno sinistro. I due poveri ragazzi erano talmente felici che non vedevano altro che se stessi e quel bel cielo che li benediceva. Danglars e Caderousse svolsero la loro missione di ambasciatori. Poi, dopo aver scambiato una stretta di mano vigorosa e amichevole con Edmond, Danglars andò sedersi vicino a Fernand e Caderousse di fianco al padre di Dantès, ora centro dell’attenzione generale.
Il vecchio indossava il suo bel vestito di seta, ornato di larghi bottoni di acciaio sfaccettati. Le gambe, sottili ma muscolose, erano coperte da magnifiche calze di cotone molto elaborato, probabilmente di contrabbando inglese. Dal suo cappello a tre punte scendevano un nastro bianco e uno azzurro. Si appoggiava a un bastone di legno lavorato e curvo nella parte superiore, come il pedum degli antichi. Pareva uno di quegli elegantoni che nel 1796 si pavoneggiavano nei giardini riaperti del Luxembourg e delle Tuileries.
Di fianco a lui, come abbiamo detto, si era messo Caderousse, che la speranza di un buon pranzo aveva fatto riconciliare con i Dantès, e a cui ormai non rimaneva nella mente che solo un vago ricordo di quanto era accaduto il giorno prima, come quando ci si sveglia al mattino con qualche memoria del sogno fatto la notte.
Danglars, avvicinandosi a Fernand, aveva gettato al catalano imbronciato uno sguardo profondo. Fernand camminava dietro ai fidanzati, completamente trascurato da Mercedes che, con l’egoismo giovanile tanto caro all’amore, aveva occhi solo per il suo Edmond. Fernand era pallido, con improvvisi rossori che lasciavano il passo a pallori sempre più evidenti.
Ogni tanto guardava verso Marsiglia e allora un fremito nervoso e involontario lo percorreva da capo a piedi. Sembrava aspettare o almeno prevedere qualche avvenimento. Dantès era vestito con semplicità. Appartenendo alla marina mercantile indossava un abito tra l’uniforme militare e l’uniforme civile; e con quest’abito il suo bell’aspetto, anche per la gioia e la bellezza della sua fidanzata, appariva superbo. Mercedes era bella come una di quelle greche di Cipro o di Cèos dagli occhi d’ebano e dalle labbra di corallo. Camminava con il passo agile e tranquillo delle andaluse. Una ragazza di città avrebbe forse cercato di nascondere la sua gioia sotto un velo o almeno sotto le palpebre, ma Mercedes sorrideva e guardava tutto ciò che aveva intorno; il suo sorriso e il suo sguardo dicevano palesemente quanto le parole avrebbero faticato: “Se mi siete amici rallegratevi, perché sono davvero molto felice”.
Quando i due fidanzati e i loro accompagnatori furono in vista della Réserve, Morrel scese e andò loro incontro, seguito dai marinai e dai soldati, con i quali era rimasto, confermando la promessa già fatta a Dantès: sarebbe stato il successore del capitano Leclère. Edmond, vedendolo arrivare, lasciò il braccio della fidanzata e lo cedette a Morrel. L’armatore e la ragazza diedero allora l’esempio e salirono per primi la scala di legno che portava alla stanza dove era stato preparato il pranzo. La scala scricchiolò per cinque minuti sotto i passi pesanti dei convitati.
«Padre mio – disse Mercedes fermandosi al centro della tavola – voi starete alla mia destra, alla mia sinistra metterò colui che fino ad ora è stato per me un fratello» e lo disse con una dolcezza che penetrò fino al fondo del cuore di Fernand come un colpo di pugnale.
Le sue labbra si contorsero e sotto il colore scuro del suo viso virile si poté vedere ancora una volta il sangue ritrarsi a poco a poco per affluire al cuore. Intanto Dantès aveva eseguito la stessa manovra: alla sua destra aveva messo il signor Morrel, alla sinistra Danglars, poi con la mano aveva fatto segno che ognuno prendesse posto a suo piacere. Per la tavola circolavano già i salami di Arles, con le carni scure e affumicate, le aragoste con il loro roseo carapace, i ricci di mare che sembrano castagne circondate da una scorza spinosa, le vongole che per i ghiottoni del Mezzogiorno sono buone più delle ostriche del Nord, e tutti qui crostacei delicati che le onde gettano sulla spiaggia sabbiosa e che i pescatori riconoscenti designano con il nome di frutti di mare.
«Che bel silenzio! – disse il vecchio Dantès gustando un bicchiere di vino giallo topazio che papà Pamphile in persona aveva portato da Mercedes – si direbbe che qui ci sono trenta persone che non chiedono altro se non di ridere…»
«Eh, un marito non è sempre allegro» disse Caderousse.
«Il fatto è – disse Dantès, – che sono troppo felice in questo momento. Se è così che intendete, caro vicino, avete ragione. La gioia talvolta fa uno strano effetto: opprime come il dolore»
Danglars osservò Fernand dal cui carattere impressionabile traspariva ogni emozione.
«Andiamo – disse – avete forse qualche timore? Mi sembra al contrario che tutto vada secondo i vostri desideri»
«Ed è proprio questo che mi spaventa  – disse Edmond – a me sembra che l’uomo non sia fatto per raggiungere così facilmente la felicità! La felicità è come quei palazzi delle isole incantate le cui porte hanno i draghi per guardiani: bisogna combattere per conquistarli e io in verità non so quale merito io abbia conquistato per ricevere la ricompensa della felicità di essere il marito di Mercedes»
«Marito, marito… – disse Caderousse ridendo – non ancora, mio caro capitano, prova a vedere per un po’ com’è fare il marito, e vedrai come sarai ricevuto!»
Mercedes arrossì. Fernand si agitava sulla sedia e rabbrividiva al minimo rumore; di tanto in tanto il catalano si asciugava grosse gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, come le prime gocce di un urgano.
«In fede mia, vicino Caderousse – disse Dantès guardando l’orologio – non è un grave errore, per così poco. Mercedes non è ancora mia moglie, è vero… Ma tra un’ora e mezza lo sarà»
Tutti gettarono un grido di sorpresa, eccetto Dantès padre, il cui largo sorriso mostrò denti ancora belli. Mercedes sorrise e non arrossì più. Fernand afferrò convulsamente l’impugnatura del coltello.
«Fra un’ora! – esclamò Danglars, anche lui impallidito – … E come?»
«Sì, amici miei – rispose Dantès – grazie alla buona reputazione del signor Morrel, l’uomo al quale dopo mio padre devo di più a questo mondo, tutte le difficoltà possono dirsi appianate: abbiamo fatto le pubblicazioni e alle due e mezzo il sindaco di Marsiglia ci attende al Palazzo della città. Essendo l’una e un quarto, non credo di essermi sbagliato poi molto nel che tra un’ora e trenta minuti Mercedes si chiamerà signora Dantès».
Fernand chiuse gli occhi: una nube di fuoco gli bruciò le palpebre; si appoggiò al tavolo per non cadere, ma nonostante tutti i suoi sforzi non poté trattenere un sordo gemito che si perse nel rumore delle risate e delle felicitazioni degli altri.
«È così che si fa, no? – disse papà Dantès – Vi sembra si possa dire che questo è perder tempo? Arrivato ieri mattina, oggi sposato! I marinai sì che sanno arrivare alla meta!»
«Ma le altre formalità?»
«Il contratto? – disse Dantès ridendo – il contratto è fatto: Mercedes non ha niente, e io nemmeno! Ci sposiamo nel regime della comunione dei beni: non è lungo da scrivere, e nemmeno da pagare!»

Vi ricordiamo che trovate l'elenco delle parti che abbiamo tradotto nella sezione "La nostra versione", oppure qui.

sabato 9 agosto 2014

Marsiglia - L'arrivo (III)

Ecco la conclusione del primo capitolo del romanzo.. fateci sapere cosa ne pensate!!

era Policarpo Morrel, mio zio, che divenne capitano; Dantès, dite a mio zio che l'Imperatore si è ricordato di lui e vedrete piangere quel vecchio brontolone. Andiamo, andiamo - continuò il vecchio armatore battendo amichevolmente la mano sulla spalla del giovane -
voi avete fatto bene ad eseguire le istruzioni del capitano Leclère e fermarvi all'isola d'Elba, anche se, se si venisse a sapere che voi avete consegnato un plico al Maresciallo e parlato coll'Imperatore, il fatto potrebbe senza dubbio compromettervi.>>
<<Come volete voi che ciò comprometta - disse Dantès - io non so neppure ciò che ho consegnato e l'Imperatore non mi ha fatto che quelle domande, che avrebbe posto al primo arrivato... Ma scusate - riprese Dantès - ecco la Sanità e la Dogana che giungono. Voi permettete, non è vero?>>
<<Fate, fate pure, mio caro Dantès.>>
Il giovane si allontanò, e mentre si allontanava, Danglars si accostava.<<Ebbene - chiese - ha addotto buone ragioni sulla sua fermata a Portoferraio?>>
<<Eccellenti, mio caro Danglars.>>

<<Ah, tanto meglio - rispose questi - perché è sempre cosa spiacevole vedere un compagno che non fa il proprio dovere.>>
<<Dantès ha fatto il suo - rispose l'armatore - e non c'è nulla da ridire. Fu il capitano Leclère ad ordinargli questa fermata.>>

<<A proposito del capitano Leclère, vi ha consegnato una sua lettera?"
<<A me? No. Ne aveva da consegnarmi?>>
<<Credevo che oltre al plico, il capitano Leclère gli avesse affidato una lettera.>>
<<Di quale plico parlate?>>
<<Di quello che Dantès ha lasciato nella visita a Portoferraio.>>
<<E come sapete che aveva un plico per Portoferraio?>>
Danglars arrossì.

<<Passavo davanti alla porta del capitano, che era socchiusa, e lo vidi consegnare a Dantès il plico e la lettera.>>
<<Non me ne ha parlato - disse l'armatore - ma se ha questa lettera, me la consegnerà.>>
Danglars rifletté un istante.

<<Allora, signor Morrel, vi prego - disse - di non parlarne a Dantès; mi sarò ingannato.>>
In quel momento il giovane fece ritorno e Danglars si allontanò.

<<Ebbene, mio caro Dantès, siete libero?>> domandò l'armatore.
<<Sì, signore.>>
<<La cosa non è stata lunga.>>
<<No, ho consegnato alla Dogana la lista delle vostre mercanzie; e, quanto alla consegna, è arrivato con il pilota costiero un uomo a cui ho consegnato le mie carte.>>
<<Allora non avete più niente a fare qui?>>
Dantès gettò uno sguardo rapido intorno a sé.

<<No, qui tutto è in ordine.>>
<<Potete dunque venire a pranzo con noi?>>
<<Scusatemi, signor Morrel, scusatemi, ve ne prego, ma la prima visita la devo a mio padre. Non sono però meno riconoscente per l'onore che mi fate.>>
<<É giusto, Dantès, è giusto: so che siete un buon figlio.>>
<<E... - domandò Dantès con una certa esitazione, - sta bene mio padre, che voi sappiate?>>
<<Io credo di sì, mio caro Edmondo, anche se non l'ho visto di persona.>>
<<Sì, si tiene ritirato nella sua stanzetta.>>
<<Ciò prova, per lo meno, che non ha avuto bisogno di nulla durante la vostra assenza.>>
Dantès sorrise.

<<Mio padre è altero, signore, e anche nel caso fosse stato sprovvisto di tutto, non avrebbe chiesto nulla a nessuno, eccetto che a Dio.>>
<<Ebbene, dopo questa prima visita, noi contiamo su voi.>>
<<Scusatemi di nuovo, signor Morrel, ma dopo questa prima visita, io ne farò un'altra che non mi sta meno a cuore.>>
<<Ah, è vero, Dantès, dimenticavo che tra i Catalani c'è qualcuno che deve aspettarvi con non meno impazienza di vostro padre; la bella Mercedes.>>
Dantès arrossi.

<<Ah! ah! - disse l'armatore - non mi sorprende più che sia venuta tre volte a domandare notizie del Faraone. Perbacco, Edmond, voi non siete da compiangere: avete proprio una graziosa amica.>>
<<Non è mia amica, ma - disse il marinaio con aria seria - è la mia fidanzata.>>
<<Qualche volta sono una cosa sola>> disse ridendo l'armatore.
<<Ma non per noi>> rispose Dantès.
<<Andiamo, andiamo, mio caro Edmond! - continuò l'armatore - non voglio trattenervi di più. Voi avete fatto i miei affari abbastanza bene perché io vi lasci fare i vostri con comodità. Avete bisogno di denaro?>>
<<No, signore, ho tutti i miei stipendi del viaggio, cioè quasi tre mesi di risparmi.>>
<<Voi siete un giovane previdente, Edmond!>>
<<Ricordate che ho un padre povero, signor Morrel.>>
<<Sì, sì, so bene che siete un buon figliolo! Andate dunque a veder vostro padre. Anch'io ho un figlio e non saprei perdonare quacuno che dopo tre mesi di viaggio lo tenesse lontano da me.>>
<<Dunque mi permettete di andare?>> disse il giovane salutandolo.

<<Sì, se non avete altro da dirmi.>>
<<No.>>
<<Il capitano Leclère non vi ha dato, morendo, una lettera per me?>>
<<Gli sarebbe stato impossibile scrivere, ma ciò mi ricorda che avrei un congedo di qualche giorno da chiedere.>>

<<Per prender moglie?>>
<<Prima di tutto per quello, poi per andare a Parigi.>>
<<Bene, bene! Prenderete il tempo che vorrete, Dantès. Non ci vorranno meno di sei settimane per scaricare il bastimento, e non ci rimetteremo in mare prima di tre mesi. Sarà opportuno che vi facciate trovare qui fra tre mesi. Il Pharaon - continuò l'armatore battendo sulla spalla del giovane marinaio - non potrebbe partire senza il suo capitano.>>
<<Senza il suo capitano! - esclamò Dantès con gli occhi sfavillanti di gioia - prestate attenzione a ciò che dite, signore, poiché rispondete alle più segrete speranze del mio cuore; avreste intenzione di nominarmi capitano del Pharaon?>>
<<Se fossi da solo vi stenderei la mano, mio caro Dantès, e vi direi: è fatto; ma ho un socio, e voi sapete l'antico proverbio toscano, chi ha compagno, ha padrone. Ma metà dell'affare è fatto: su due voti ne avete già uno. Per avere l'altro, fidatevi di me. Farò del mio meglio.>>
<<Oh, signor Morrel - esclamò il giovane marinaio, stringendo le mani dell'armatore con le lacrime agli occhi - signor Morrel, vi ringrazio in nome di mio padre e di Mercedes.>>
<<Va bene, va bene Edmond. C'è un Dio in cielo per la brava gente. Andate a vedere vostro padre, fate visita a Mercedes, poi ritornate da me.>>
<<Non volete che vi riporti a terra?>>
<<No, grazie, rimango a regolare i conti con Danglars. Siete rimasto contento di lui durante il viaggio?>>
<<Secondo il senso che voi date a questa domanda; se per la fedeltà del compagno di viaggio no, perché io credo che non mi stimi, dal giorno in cui ebbi la debolezza, in seguito ad uno scontro, di proporgli di fermarci dieci minuti sull'isola di Montecristo per terminare questa contesa; proposta, questa, che io ebbi torto di fare e che egli ebbe ragione di rifiutare. Se è per lo scrivano che mi fate questa domanda, credo che non ci sia nulla da dire, e sarete contento del modo con cui ha svolto il suo compito.>>
<<Ma - domandò l'armatore - se foste capitano del Pharaon terreste Danglars con piacere?>>

<<Capitano, o secondo - rispose Dantès - avrò sempre i più grandi riguardi per coloro che godono della fiducia dei miei armatori.>>
<<Andiamo, andiamo, Dantès, vedo bene che siete un bravo ragazzo sotto tutti i punti di vista. Non voglio trattenervi più a lungo. Andate, perché sembra che abbiate la brace sotto i piedi!>>
<<Arrivederci, signor Morrel, e grazie mille.>>
<<Arrivederci, mio caro Edmond, e buona fortuna!>>
Il giovane marinaio saltò sulla lancia, andò a sedersi a poppa e ordinò di approdare alla Canebière.
Due marinai si piegarono sui loro remi e la barca fuggì con la velocità che è possibile avere in mezzo a mille barche che ingombrano quella specie di angusta strada che conduce, fra due file di navigli, dall'entrata del porto allo scalo di Orléans. Sorridendo, l'armatore lo seguì con gli occhi fino alla spiaggia, lo vide saltare sui gradini dello scalo e perdersi subito in mezzo alla folla variopinta che dalle cinque del mattino alle nove della sera ingombra la famosa strada della Canebière, di cui i Phocéens moderni sono tanto orgogliosi da dire, con la più gran serietà del mondo e con l'accento che imprime tanto carattere a ciò che dicono: <<Se Parigi avesse la Canebière, Parigi sarebbe una piccola Marsiglia.>>

Girandosi l'armatore vide Danglars, all'apparenza in attesa dei suoi ordini ma in realtà intento come lui a seguire il giovane marinaio con lo sguardo. C'era soltanto una grandissima diversità nell'espressione di questo doppio sguardo diretto alla stessa persona.

Intanto qui potete trovare il link al primo capitolo, versione integrale!
Capitolo I: Marsiglia - L'arrivo.
A Presto!

venerdì 8 agosto 2014

Marsiglia - L'arrivo (II)

Eccoci qui, con il secondo brano della nostra versione!
Questa volta abbiamo usato come riferimento la traduzione fantasma di Franceschini, per la quale nutriamo una vera e propria insofferenza. Fateci sapere cosa ne pensate!


[...] <<Se ora volete salire, signor Morrel - disse Dantès vedendo l'impazienza dell'armatore -  ecco il vostro scrivano Danglars che esce dal suo camerino; vi darà tutti i chiarimenti che desiderate: quanto a me bisogna che sorvegli le manovre di ancoraggio e che metta la nave a lutto.>>

L'armatore non se lo fece ripetere due volte: afferrò una cima che gli gettò Dantès e
salì gli scalini sul fianco della nave con una sveltezza che avrebbe fatto onore anche ad un uomo di mare.L'altro intanto ritornò al suo posto di secondo e la conversazione coinvolse colui che era stato presentato con il nome di Danglars, che appunto uscì dalla sua cabina e si avvicinò all'armatore.
Egli era un uomo di venticinque-ventisei anni, una figura molto cupa, servizievole verso i suoi superiori, insolente con i sottoposti; di modo che, oltre al suo ruolo di computista, di per sé motivo di avversione per i marinai, era tanto malveduto dall'equipaggio per il suo comportamento tanto quanto, al contrario, Edmond Dantès era amato.
<<Ebbene signor Morrel - disse Danglars - siete già a conoscenza della disgrazia, no?>>

<<Sì, sì, povero capitano Leclère! Era un uomo buono e onesto.>>
<<E soprattutto un eccellente uomo di mare, invecchiato fra il cielo e l'acqua, come dev'essere per un uomo incaricato di curarsi degli affari di una casa così importante come la Morrel e figlio>> rispose Danglars.
<<Ma - disse l'armatore tenendo gli occhi rivolti a Dantès, che controllava lo stato delle manovre di ancoraggio - mi sembra che non occorra essere un marinaio così navigato come dite, Danglars, per conoscere bene il mestiere. Ecco il nostro amico Edmond che fa il suo, e mi sembra non abbia bisogno del consiglio di nessuno.>>
<<Sì - disse Danglars gettando su Dantès uno sguardo bieco in cui balenò un lampo d'odio - sì, è giovane e perciò non teme nulla. Appena morì il capitano, prese il comando senza consultare nessuno e ci fece perdere un giorno e mezzo all'isola d'Elba, invece di ripiegare direttamente a Marsiglia.>>
<<Quanto a prendere il comando della nave - disse l'armatore - era suo dovere farlo in quanto secondo; quanto al perdere un giorno e mezzo all'isola d'Elba, ha fatto male, a meno che l'imbarcazione non avesse qualche avaria da riparare.>>
<<La nave stava bene come sto io e come desidero che voi stiate sempre, signor Morrel, e questa giornata e mezzo la perdemmo per un capriccio, per il solo piacere di andare a terra, ecco tutto.>>
<<Dantès - disse l'armatore rivolgendosi verso il giovanotto - venite qui.>>
<<Scusate, signore - disse Dantès - sarò da voi fra un istante.>>

Poi all'equipaggio: <<Gettate l'ancora!>>
Immediatamente l'ancora fu lasciata cadere e la catena scivolò con rumore. Dantès restò al suo posto, nonostante la presenza del pilota, fino a che la manovra fu conclusa, poi disse: <<Abbassate la fiamma a mezz'albero, la bandiera a mezz'asta, incrociate i pennoni!>>

<<Vedete - disse Danglars - si crede già capitano,ci scommetto.">>
<<E lo è, infatti>> disse l'armatore.

<<Si, signor Morrel, salvo che per la vostra firma e quella del vostro socio.>> <<Diamine! Perché non dovremmo lasciargli il posto? - disse l'armatore - É giovane, lo so bene, ma mi sembra adatto all'incarico e molto esperto nel suo mestiere.>> 
Una nube passò sulla fronte di Danglars.
<<Scusate, signor Morrel - disse mentre si avvicinava il giovane Dantès - la nave è all'ancora e io sono da voi. Mi avevate chiamato, no?>> 
Danglars fecce un passo indietro.
<<Io volevo domandarvi perché vi siete fermato all'isola d'Elba.>>
<<Neanch'io lo so: è stato per eseguire un ultimo comando del capitano Leclère, che mi aveva affidato in punto di morte un plico per il gran Maresciallo Bertrand.>>
<<L'avete dunque visto, Edmond?>>
<<Chi?>>
<<Il gran Maresciallo.>>
<<Sì.>>
Morrel si guardò intorno, poi prese da parte Dantès.
<<E come sta l'Imperatore?>> domandò fortemente interessato.
<<Bene, per quanto ho potuto giudicare con i miei occhi.>>
<<Quindi avete visto anche l'Imperatore?>>
<<Entrò dal Maresciallo mentre vi ero io.>>
<<E gli avete parlato?>>
<<In realtà fu lui a parlarmi" rispose Dantès, sorridendo.
<<E cosa vi disse?>>
<<Mi ha fatto delle domande sul bastimento, sulla data della partenza da Marsiglia, sul viaggio che aveva fatto e sul carico che portava. Credo che, se fosse stato vuoto e io ne fossi stato il padrone, l'avrebbe voluto comprare. Ma gli dissi che io non ero che un semplice secondo, e il bastimento apparteneva alla casa Morrel e figlio. "Ah! - disse - la conosco. I Morrel sono armatori di padre in figlio, ed ho conosciuto un Morrel, che serviva nel mio stesso reggimento quando ero in guarnigione a Valence.">>
<<E vero, è vero!>> esclamò l'armatore tutto contento.


Vi ricordiamo che potete trovare la versione in itinere del nostro lavoro nella sezione la nostra versione.
A presto!

lunedì 4 agosto 2014

Marsiglia - L'arrivo (I)

Ecco l'incipit della nostra versione. Ovviamente siamo aperti a consigli e critiche. Dateci una mano!

Il 24 Febbraio 1815 la vedetta di Notre Dame de la Garde segnalò la nave Pharaon proveniente da Smirne, Trieste e Napoli. Come accadeva di solito un pilota costiere partì immediatamente dal porto, passò vicino al castello d'If e abbordò la nave fra il capo di Morgiou e l'isola di Rion. Inoltre, sempre al solito, i curiosi si erano affollati sulla piattaforma del forte di Saint Jean, poichè a Marsiglia l'arrivo di un bastimento è affare di molta importanza, specialmente quando si tratta di un bastimento costruito, armato e confezionato sui cantieri della vecchia Phocée e di proprietà di un armatore della città. Tale appunto era il Pharaon.

La nave intanto avanzava: aveva felicemente attraversato lo stretto che si dice essere stato aperto da qualche scossa vulcanica tra l'isola di Calasareignie e l'isola di Faros, aveva oltrepassato Pomegue e procedeva sospinto dalle tre gabbie, il grande fiocco e la randa, ma in modo così lento e triste che gli spettatori si chiedevano, avvertendo l'aria di disgrazia, quale accidente potesse mai essere successo a bordo. Le persone dell'arte comprendevano però bene che, se mai fosse successo qualcosa di sinistro, non poteva essere relativo alla nave, che si mostrava in grado di muoversi molto bene, anche se lentamente. L'ancora era pronta ad essere calata, le vele di prua sganciate e, vicino al pilota che si preparava per dirigere il Pharaon nella sua difficile entrata nel porto di Marsiglia, c'era un giovane in forze che sorvegliava attentamente i movimenti della nave e ripeteva tutti gli ordini del pilota.

L'incertezza piena d'ansia nella quale erano sospesi gli spettatori riuniti sulla spianata di Saint Jean aveva preoccupato in modo particolare uno di loro, che non potendo attendere l'entrata del bastimento nel porto si gettò su una piccola barca, fece vogare verso il Pharaon e attraccò in una piccola insenatura detta Réserve.

Vedendo giungere quell'uomo, il giovane marinaio abbandonò il posto vicino al pilota e andò con il cappello in mano ad appoggiarsi al parapetto della nave. Egli era un giovanotto di circa vent'anni, alto in statura, snello, con due profondi occhi neri e capelli del colore dell'ebano. Tutta la sua persona esprimeva quell'aria di tranquillità e di risolutezza propria degli uomini abituati a vivere sin dall'infanzia in lotta con il pericolo.

<<Ah, siete voi, Dantès! - esclamò l'uomo sulla barca - cos'è successo, perché quest'atmosfera triste a bordo? >>
<<Una grande disgrazia, signor Morrel - rispose quel giovane - una grande disgrazia, specialmente per me. All'altezza di Civitavecchia abbiamo perduto il buon capitano Leclère.>>
<<E il carico?>> chiese con vivacità l'armatore.
<<Sano e salvo, signor Morrel, e riguardo a questo credo sarete contento. Ma il povero capitano Leclère...>>
<<Che cosa gli è dunque succeduto? - riprese l'armatore, visibilmente più tranquillo - che cosa è successo a questo bravo capitano?>>
<<È morto...>>
<<È caduto in mare?>>
<<No, signore, è morto di una febbre cerebrale in mezzo a terribili spasmi.>>
Poi, volgendosi all'equipaggio:
<<Olà! Ehi, ognuno al suo posto per l'ancoraggio!>>

L'equipaggio obbedì e in un istante gli otto o dieci uomini che lo costituivano si slanciarono, chi alle gomene, chi alle marre, chi alle drizze, chi ai fiocchi e chi a sistemare le vele.
Il giovane marinaio controllò con un'occhiata quasi indifferente l'inizio delle manovre e, dato che i suoi ordini erano stati recepiti, tornò al suo interlocutore.

<<Raccontatemi dunque i particolari di questa disgrazia.>> continuò l'armatore riprendendo la conversazione dove il marinaio l'aveva interrotta.
<<Buon dio, signore, è successo tutto all'improvviso. Dopo un lungo colloquio con il comandante del porto, il capitano Leclère lasciò Napoli molto agitato. In ventiquattr'ore lo assalì la febbre; tre giorni dopo era morto. Ci siamo occupati dei funerali ordinari ed egli riposa ora avvolto in un'amaca all'altezza del Giglio, con una palla da trentasei ai piedi e una alla testa. Portiamo alla vedova la sua croce d'onore e all'erede la sua spada. - e, continuando con un malinconico sorriso, aggiunse - Valeva proprio la pena di far la guerra agli Inglesi per dieci anni ininterrotti per poi morire così, come chiunque altro, nel proprio letto!>>
<<Diavolo! Che fare, signor Edmond - riprese l'armatore, che appariva sempre più rilassato - siamo tutti mortali ed è necessario che i vecchi facciano posto ai giovani, altrimenti non ci sarebbero avanzamenti. E dato che voi mi assicurate che il carico...>>
<<È in buonissimo stato, signor Morrel, lo garantisco. Questo è un carico che vi consiglio di non vendere per meno di venticinquemila franchi.>>
Quindi, poiché la nave aveva passato la torre rotonda:
<<Attenti a caricare le vele di gabbia, il fiocco e la brigantina! - gridò il marinaio - gettate l'ancora!>> L'ordine fu eseguito con la prontezza di un ordine di guerra.
<<Ammaina e carica tutto!>>
A quest'ultimo ordine le vele furono calate e la nave perseguì per inerzia nel suo moto.



Abbiamo aggiunto anche una nuova sezione al blog: La nostra Versione!

Fateci sapere cosa ne pensate!

mercoledì 14 agosto 2013

Emmanuel Herbaut

Marito di Julie e dipendente di Morrel, si ritrova a collaborare con il suocero nell'armeria per riuscire a mantenere lui e la moglie. Sostiene la - futura - moglie e la accompagna nella sua vita quotidiana standole accanto.

Ritratto di uomo, di Francesco Salviati

Riceve gli ospiti di casa Morrel, come ci mostra Dumas quando ce lo presenta la prima volta. Allarmato, accoglie in modo piuttosto ansioso Lord Wilmore della banca inglese. Si rinfranca e riesce a prendere in mano la situazione poco dopo, quando deve informarsi su quanto accaduto al Pharaon presso Penelon.
Si riesce a capire che l'uomo è profondamente innamorato della sua fidanzata e profondamente affezionato alla sua famiglia, infatti è ben integrato e accettato dal nucleo familiare. Il giorno fatidico del salvataggio dell'azienda, lui si preoccupa molto per Julie, che ha ricevutola lettera misteriosa da Simbad il marinaio; riesce comunque a trattenere la sua agitazione e ad accompagnare per un breve tratto la ragazza, per condividere poi appieno la sua felicità quando ritorna con la borsa rossa con il diamante.
Grazie a quest'ultimo infatti la coppia riesce a trovare anche il denaro necessario per sposarsi e coronare così il proprio sogno d'amore e li ritroviamo dopo qualche anno a Parigi, proprietari di una casa di modeste dimensioni e coinquilini del fratello di lei, Maximilien; sono felici sebbene non troppo ricchi: hanno infatti chiuso la ditta Morrel e figlio dopo la morte del fondatore.

martedì 13 agosto 2013

Julie Herbaut

Figlia dell'armatore Morrel, Julie è colei per mezzo della quale il Conte - sotto l'identità di Simbad il marinaio - salverà l'azienda di famiglia e le permetterà di godere insieme a suo marito Emmanuel di una forte somma di denaro.

Giovane che sbuccia le mele, di Nicolaes Maes

Le poche volte che la narrazione la coinvolge, la giovane appare sempre come una donna dolce e servizievole, capace però di compiere lucide analisi sulla situazione intorno a lei. Per esempio, sua è l'iniziativa di chiamare il giovane Maximilien a supporto del padre, poichè si è accorta del clima teso e del nervosismo del padre.
Carina con tutti, il suo umore sembra molto influenzato da quello dei familiari e del contabile dell'armeria, Cocles, nel quale vede un indicatore dell'andamento degli affari. Proprio mentre Maximilien discute con il padre riguardo alla possibilità del suicidio e a come eventualmente ripulire il nome Morrel dalla vergogna dell'inadempienza ai debiti, Julie viene contattata da Simbad il marinaio - alias Edmond Dantes - che la porta sino ad una vecchia casa in rovina - quella del padre di Louis Dantes - e le fa trovare una borsa rossa contenente un diamante dal valore sufficiente a salvare dalla bancarotta la famiglia; la stessa borsa rossa che una volta aveva dato il signor Morrel al vecchio Dantes.
La riconoscenza nei confronti del misterioso Simbad permane nel cuore della giovane anche quando riceve in visita il conte di Montecristo, al quale mostra con orgoglio e venerazione il simbolo della loro ripresa: la borsa che lui stesso le aveva donato.

sabato 10 agosto 2013

Haydée

Figlia di Alí Pasciá, viene portata a Parigi come schiava di Edmond. Dall´animo gentile e di indole delicata, é colei che rimarrá al fianco del Conte fino alla fine, profondamente innamorata di lui e finalmente ricambiata.

Boreas, di John William Waterhouse
La prima vista di Haydée avviene dopo una colazione a casa del Conte. Quando tutti si ritirano, Montecristo decide di andare a far visita alla sua schiava - o meglio, non in territorio francese - greca. Ci viene presentata come una donna di incantevole bellezza, orientale nei modi e nei vestiti, che ha al suo servizio tre cameriere. Da subito si manifesta il suo sentimento nei confronti del suo salvatore:

"'Haydée - riprese il conte, - tu sai che siamo in Francia, e di conseguenza sei libera'.
'Libera di fare che cosa?' [...] 'Libera di lasciarmi'.
`Lasciarti? E perché dovrei lasciarti?'
'Che ne so? Vedremo della gente...' 'Non voglio vedere nessuno'.
'E se tra i bei giovani che incontrerai qualcuno ti dovesse piacere, io non saró cosí ingiusto...
'Non ho mai visto uomini piú belli di te, e non ho mai amato che mio padre e te'."

 Queste due figure sono infatti le uniche che le abbiano  garantito sicurezza e protezione. Suo padre, Alí Pasciá di Grecia, le era stato molto affezionato sin da piccola, ma a causa del tradimento di Mondego, era stata abbandonata ad un venditore di schiavi. Qui aveva incontrato il secondo, Montecristo, che la aveva acquistata per un diamante e le aveva restituito la dignitá.
L´astio e il rancore accumulati negli anni nei confronti di Morcerf, la porteranno al punto di parlare pubblicamente del suo passato, una volta istruito il processo contro l´ex tenente Fernand Mondego. Qui la giovane dichiarerá pubblicamente che suo padre era stato venduto ai francesi proprio dal catalano, ingannato e raggirato al solo scopo di permettergli di mettersi in luce nell´esercito e guadagnarsi una vita di lusso. Una volta terminato il processo, e suicidatosi Morcerf, l´unica preoccupazione che ha insieme al conte é quella di coronare l´amore tra Maximilien e Valentine. Vicini al risultato, poco prima che Morrel si risvegli per riunirsi alla ragazza, Haydée si dichiara al Conte, che finalmente mostra - in modo implicito ma chiaro - il suo amore.

"'Oh, sí, ti amo! - disse lei, - ti amo come si ama il proprio padre, il proprio fratello, il proprio marito! Ti amo come si ama la propria vita, come si ama il proprio Dio, perché per me tu sei il piú bello, il migliore, il piú grande degli esseri creati!'
'Sia fatto ció che vuoi, angelo mio! - disse il conte; - Dio, che mi ha resuscitato contro i miei nemici, Dio, ora mi é chiaro, non vuole che mi penta della mia vittoria; volevo punirmi, Dio vuole perdonarmi. Amami dunque, Haydée! Chissá, forse il tuo amore mi fará dimenticare ció che deve essere dimenticato'.
'Ma cosa stai dicendo, mio signore?' domandó la ragazza.
'Dico che una tua parola, Haydée, mi ha illuminato piú di vent´anni della mia lenta saggezza; non ho piú che te al mondo, Haydée; per opera tua mi riconcilio alla vita, per opera tua posso soffrire ed essere felice'."

Al termine di questo dolce scambio di parole, la coppia si dirige verso lo yacht di Montecristo, per permettere alla giovane coppia di avere un momento di intimitá. Quando poi li rivediamo, sono in mare alla volta dell´oriente, presumibilmente verso Montecristo. La dolcezza di questa ragazza, la sua semplicitá, il suo essere é quello che permette all´agente della Provvidenza di riaprirsi ai sentimenti umani.


venerdì 9 agosto 2013

Noirtier

É il padre di Villefort, forte sostenitore dell´imperialismo bonapartista. Collabora alla realizzazione del piano dei Cento Giorni, ma in tarda etá si ritrova paralizzato il corpo intero ad esclusione degli occhi, vispi e molto comunicativi. Forte é il legame con la nipote Valentine, cui é molto affezionato.

Un contadino con un occhio del diavolo, di Ilyan Repin

La lettera che il capitano Leclerc affida a Dantes é indirizzata al bonapartista Noirtier, residente a Parigi. Si puó dire che a causa sua il giovane finisca in prigione; il cospiratore é infatti il padre del procuratore Villefort, che interroga Edmond, e che decide di mandare il marsigliese in prigione proprio per questo motivo. Nonostante questo, il signor Noirtier si rivelerá un personaggio positivo.
Pur essendo costretto su una sedia, grazie al suo aiutante il vecchio riesce ad aiutare Valentine a coronare il suo sogno d´amore con Maximilien. Il suo modo di comunicare é stravagante ma straordinariamente efficace:

"Certo, mancavano i movimenti delle braccia, i suoni della voce, l´atteggiamento del corpo, ma quegli occhi potenti supplivano a tutto: il vecchio Noirtier comandava con gli occhi, ringraziava con gli occhi, era un cadavere con degli occhi vivi, e niente talvolta era piú spaventoso di quel volto di marmo quando, in alto, gli occhi si accendevano di collera o splendevano di gioia.
Soltanto tre persone sapevano capire quel linguaggio del povero paralitico: Villefort, Valentine e il vecchio domestico [...]."

 Viene infatti spiegato che é stato istituito un codice per le espressioni piú semplici, come sí e no; per le frasi piú strutturate o i concetti meno intuitivi il vecchio ricorre all´uso del dizionario, comunicando all´interlocutore le prime tre lettere della parola cercata e fissando poi quella desiderata. Come giá detto, il vecchio sará d´aiuto a Valentine: in primo luogo impedirá il matrimonio con Franz d´Epinay, prima modificando il proprio testamento grazie ad un notaio e poi confessando di essere stato l´omicida del padre del giovane; in secondo luogo accettando Maximilen e salvando la giovane Valentine dalla morte per avvelenamento grazie alla somministrazione costante di piccole dosi di veleno. Decide infine di lasciare ai due innamorati la propria ereditá, a patto di mantenere un rapporto costante.

mercoledì 7 agosto 2013

Valentine Villefort

Figlia dell´ex procuratore del re e della defunta contessa di Saint Meran, Valentine Villefort  é l´opposto di suo padre: dolce, gentile ed altruista é la ragazza che Montecristo e Haydée prenderanno sotto la propria ala protettiva, sino a constentirle di stare con Maximilien Morrel, di cui é molto innamorata.

Miss Craigie, di Allan Ramsay

La prima volta che Valentine si imbatte con la narrazione é ad un appuntamento con Maximilien, di cui é evidentemente innamorata. Purtroppo, si spiega con i loro dialogo, lei é promessa a Franz d´Epinay, amico di Albert de Morcerf, e dubita che i genitori acconsentirebbero al loro fidanzamento. 

"Mi avete detto, povera bambina, che eravate fidanzata con il signor d´Epiany, che vosttro padre aveva deciso questo matrimonio, e che sarebbe avvenuto perché tutto quello che il signor di Villefort vuole, accade infallibilmente. [...] e tuttavia mi amate, avete avuto pietá di me, Valentine, e me l´avete detto [...]"

Queste sono le parole di Morrel, profonde e dolci. I due continuano a vedersi di nascosto, lontano da sguardi indiscreti al confine tra casa Villefort e il terreno comprato dal ragazzo proprio per starle piú vicino. Presto si annuncia peró il ritorno a Parigi del promesso sposo (celeberrima espressione, eh?) e si prospetta un periodo difficile per la coppia. Maximilien peró la rassicura, col permesso di informare del loro amore il Conte di Montecristo, é sicuro che una soluzione si riuscirá a trovare. I due peró hanno un altro alleato: il nonno di Valentine, il signor Noirtier. Egli, pur essendo paralitico, fará molto per loro: facendo chiamare un notaio, il vecchio redige il suo testamento.

"'Tu non vuoi che io sposi il signor Franz d´Epinay?'
'No, non voglio' espresse l´occhio del vecchio.'E diseredate vostra nipote - esclamó il notaio, - perché il suo matrimonio non vi é gradito? 'Sí'.
 [...]
'Signore - disse il notaio rivolgendosi al vecchio, - che cosa contate di fare del vostro patrimonio nel caso in cui la signorina Valentine sposi il signor Franz d´Epinay?'
Il vecchio rimase immobile. 'Contate comunque di disporne?'
'Sí' fece Noirtier.
'In favore di qualcuno della vostra famiglia?'  'No'
'Allora in favore dei poveri?' 'Sí'."

A causa di questa clausola, la signora Villefort escogita un piano malvagio: avvelenare Noirtier e Valentine per permettere a suo figlio Eduard di ereditare tutto il patrimonio. I due infatti progettano una fuga d´amore quando il matrimonio sembra ormai prossimo, ma sono costretti a rinunciare proprio a causa delle pessime condizioni di salute della giovane. Il matrimonio con Franz salta, poiché si scopre che Noirtier é stato l´assassino di suo padre. Noirtier scopre, a causa di un attacco venuto al suo inserviente, il complotto dell´avvelenamento, da cui lui stessa l´aveva salvata grazie a piccole dosi giornaliere di veleno. Proprio mentre lei si riprende dall´ultimo attentato alla sua vita, il conte la rapisce. Grazie al suo piano, le permette di ritrovarsi con Morrel, e di concedere loro una vita felice.

martedì 6 agosto 2013

Maximilien Morrel

Maximilien é il figlio di Monsieur Morrel, che diventa presto uno dei favoriti dal Conte e che riuscirá, grazie a lui, a coronare il suo sogno d´amore. É anche l´ultimo a cui il conte dá sue notizie.

Il pittore Colin Alexander, di Theodore Gericault

Il figlio dell´armatore Morrel é sempre stato molto devoto al padre, e soprattutto molto influente su di lui. É lui infatti che le due donne di casa chiamano quando la situazione finanziaria familiare inizia a complicarsi. Egli aveva intrapreso la carriera militare, mostrando spiccate doti nell´arte del combattimento, grazie a cui era entrato all´École Polytechnique. Pur essendo promettente e bene inserito nell´apparato militare statale, é necessaria la sua figura per sostenere le difficoltá che il futuro presenta.

"Era questo giovane ce la madre e la sorella chiamavano in aiuto, per sostenerle nella grave situazione che presagivano.
Non si erano ingannate sulla gravitá della situazione, perché un attimo dopo che Morrel fu entrato con Cocles nel suo studio, Julie ne vide uscire quest´ultimo pallido, tremante e con il viso stravolto."

Appena giunge infatti, il padre gli spiega quanto grave sia la situazione e che non si sarebbe rifiutato di suicidarsi, nel caso in cui non sarebbe riuscito a far quadrare i conti. Ma é qui che arriva il conte e salva l´armeria. Dopo l´episodio, Morrel viene introdotto da Albert de Morcerf al Conte di Montecristo, il quale ne rimane subito colpito e inizia da subito a trattarlo come suo figlio, a favorirlo in tutto e per tutto - ovviamente in modo discreto e anonimo.
Maximilien infatti é innamorato di Valentine Villefort, e Montecristo si rivelerá decisivo per la loro relazione. Promessa infatti ad un altro uomo, ella non avrebbe mai potuto sposare il figlio di un armatore di Marsiglia. Quando peró Villefort decide di suicidarsi, Montecristo mette in atto il suo piano: rapisce Valentine e ne simula la morte grazie al suo elisir, porta a Marsiglia  Maximilien e lo stordisce con una droga (ambrosia o eroina) e li fa ricongiungere nella sua cittá natale. La coppia é la sola con cui Montecristo e Haydée mostrino la loro sincera natura, tanto che Edmond lascia una lettera di addio alla coppia, che da lontano li guarda partire insieme a Jacopo. Le ultime parole del romanzo sono dei tre:

"'Guardate' disse Jacopo. Gli occhi dei due giovani si fissarono sul punto indicato dal marinaio, e, sulla linea di un azzurro piú intenso che separava all´orizzonte il cielo dal Mediterraneo, scorsero una vela bianca, grande come l´ala di un gabbiano.
'Partito! - esclamó Morrel - partito! Addio, amico mio, mio padre!'
'Partita! - mormoró Valentine. - Addio, amica mia! addio, mia sorella!'
'Chissá se li rivedremo mai?` disse Morrel asciugandosi una lacrima.
'Amico mio - disse Valentine, - il conte non ci ha appena detto che tutta l´umana saggezza consiste in queste due parole:
Attendere e sperare?'"

Cosí si conclude il romanzo, con Maximilien come erede spirituale del Conte di Montecristo.

lunedì 5 agosto 2013

Louis Dantes

É il vecchio padre di Dantes, il primo che il giovane va a trovare quando torna. Affettuoso con il figlio e con la sua fidanzata Mercedes, viene completamente devastato dall´arresto del figlio.


Vecchio uomo nudo che siede, di Anton Azbe

Quanto apprendiamo sul padre di Edmond, proviene principalmente dai racconti che ne fanno i personaggi. Lo stesso giovane descrive il padre come una persona orgogliosa, che per onore non chiederebbe, in caso di necessitá, aiuto agli altri. Appena giunto a Marsiglia, il ragazzo si precipita dal genitore, per informarsi sulle sue condizioni:

"La notizia dell´arrivo del Pharaon non aveva ancora raggiunto il vecchio che, in piedi sopra una sedia, era occupato a legare con mano tremante dei nasturzi intrecciati a clematidi che si arrampicavano sulla pergola della finestra.
All´improvviso si sentí circondare la vita da due braccia, e una voce ben nota esclamó dietro di lui: 'Padre, mio buon padre!'
Il vecchio gettó un grido e si voltó; poi, vedendo suo figlio, si lasció andare tra le sue braccia, tutto tremante e pallido."

Preoccupato per lo stato penoso nel quale si presentava il padre, Dantes provvede immediatamente a rassicurarlo sulle loro situazioni finanziarie. Il giorno del fidanzamento, il giovane gli riserva dolci sguardi e frasi sentite, che mostrano quanto la venerazione nei confronti del padre sia profonda. Dopo l´arresto, il vecchio Louis si sente preso, povero e devastato. Grazie a Caderousse, Montecristo viene a sapere che Mercedes e Morrel si siano presi cura di lui, fornendogli il necessario e provvedendo ai suoi bisogni. Purtroppo peró la mancanza del figlio é troppo forte da sopportare, e si abbandona ad una lenta agonia sino a morire di fame.

domenica 4 agosto 2013

Monsieur Morrel

Armatore del Pharaon, Morrel é colui che rimane sempre fedele a Dantes. Anche quando il giovane viene imprigionato, tenta di salvarlo ed accudisce Mercedes e il suo vecchio padre; fatto che il Conte non lascerá irricompensato.

Ritratto di George Colman il vecchio, di Joshua Reynolds

L´armatore Morrel é il primo ad accorrere quando il Pharaon entra nel porto di Marsiglia, preoccupato per il carico. Dopo essersi informato sull´accaduto, si rende conto di quanto effettivamente Edmond sia amato dall´equipaggio, capace ma soprattutto fedele; amato da tutti ma non da Danglars, che rivela a Morrel l´esistenza della lettera di Leclerc. Morrel comunque decide di non indagare e rivede Dantes il giorno del fidanzamento, dopo avergli quasi assicurato la promozione a capitano del Pharaon. Quando peró il giovane viene arrestato, subito ne chiede ai gendarmi il motivo e riferisce la natura bonapartista del crimine. Decide di andare a parlare direttamente con Villefort che, poiché nutre sull´armatore sospetti sulla sua fede politica imperialista, lo tratta con rude freddezza. Durante i cento giorni, Morrel decide di riprovare a liberare il prigioniero, ma l´atteggiamento rimane lo stesso

"Morrel si aspettava di trovare Villefort prostrato; lo trovó invece come l´uomo visto sei settimane prima: calmo, fermo e atteggiato a una fredda cortesia, la piú invalicabile di tutte le barriere che separano l´uomo di elevata condizine dall´uomo comune."

Dopo aver ampliato la sua attivitá, Morrel si trova in serie difficoltá economiche per via di alcuni carichi andati persi. Allora arriva Montecristo, sotto le spoglie di Lord Wilmore, e riesce a diventare unico creditore nei confronti della compagnia. Quando sembra che anche l´ultimo carico sia spacciato, decide per il suicidio. Convocato il figlio Maximillien, gli dice addio con il piú emozionante dei dialoghi che si hanno nl corso della narrazione. Pronto all´atto piú estremo, ecco che Montecristo gli giunge in aiuto:

"In quel momento un sudore freddo gli passó sulla fronte, un´angoscia mortale gli serró il cuore. Udí la porta delle scale cigolare sui cardini. Poi si aprí quella dello studio. La pendola stava per suonare le undici. Morrel non si voltó; aspettava queste parole di Cocles: 'L´agente della casa Thomson e French'. Avvicinó l´arma alla bocca... Improvvisamente udí un grido: era la voce di sua figlia. Si voltó e vide Julie. La pistola gli sfuggí di mano.
'Padre mio! - gridó la ragazza ansimante e quasi soffocata dalla gioia, - salvo, siete salvo!'"

Julie, sua figlia, gli porta la borsa di seta rossa con la quale aveva salvato Louis Dantes contenente la cosiddetta 'dote di Julie', pari al denaro dovuto da Morrel. Inoltre Montecristo riesce a rimettere in piedi il Pharaon, andato in realtá distrutto in un viaggio di ritorno da Calcutta, e a restituire la sua dignitá all´armiere. Il vecchio Morrel sará poi premiato grazie al sogno di vedere coronato l´amore del figlio e Valentine Villefort.

venerdì 26 luglio 2013

La borsa di seta rossa

La borsa di seta rossa fu per prima usata dal signor Morrel nel suo tentativo di salvare la vita del padre di Edmond. In seguito lo stesso Dantés la usa per prestare aiuto a Morrel. La borsa rossa diventa quindi il simbolo concreto della connessione tra la buona azione ed il premio ricevuto in cambio. Morrel riconosce la borsa e realizza il collegamento con quanto accaduto anni prima; egli realizza che il suo salvatore non é altro che Dantés, che si nasconde dietro il personaggio di Simbad il Marinaio. Julie Morrel, sua figlia, enfatizza il significato che questo oggetto ha per la sua famiglia esponendolo come un cimelio, in ricordo dei tempi passati.



lunedì 5 gennaio 2009

Capitolo V: Il pranzo di fidanzamento

Il giorno dopo fu una bella giornata, il sole si alzò puro e splendente e i suoi primi raggi di un rosso purpureo screziavano le cime spumeggianti delle onde di un meraviglioso color rubino. Il pranzo era stato preparato al primo piano della Réserve, l’osteria con il pergolato di cui abbiamo già fatto conoscenza. C’era una grande sala illuminata da cinque o sei finestre, al di sopra delle quali era scritto, senza che nessuno ne conosca il motivo, il nome di una delle grandi città della Francia; una balconata in legno collegava dall’esterno tutte le finestre.
Benché il pranzo fosse fissato per mezzogiorno, fin dalle undici del mattino la terrazza era percorsa da persone che passeggiavano impazienti. Erano i marinai del Pharaon e qualche amico di Dantès.
Tutti indossavano gli abiti migliori, per fare onore ai fidanzati. Correva voce tra gli invitati dello sposo che gli armatori del Pharaon avrebbero onorato il fidanzamento del secondo; ma questo era un tale onore per Dantès che nessuno osava crederci. Però Danglars, arrivando in compagnia di Caderousse, confermò la notizia; quella stessa mattina aveva incontrato il signor Morrel in persona, che gli aveva assicurato che sarebbe venuto al pranzo alla Réserve. Infatti, un momento dopo il signor Morrel fece il suo ingresso nella sala e fu salutato dai marinai del Pharaon con un evviva e con un mare di applausi.
La presenza dell’armatore era per loro la conferma della voce che già correva, cioè che Dantès sarebbe stato nominato capitano; e siccome Dantès era molto amato a bordo, quelle brave persone facevano capire in quel modo all’armatore che una volta tanto la scelta era in sintonia con i desideri dei subordinati.
Appena il signor Morrel fece la sua comparsa, Danglars e Caderousse furono unanimemente incaricati di andare a cercare i fidanzati: dovevano avvisarli dell’arrivo del personaggio importante il cui arrivo aveva suscitato così grande impressione, e dire loro di affrettarsi.
Danglars e Caderousse partirono di corsa, ma non avevano fatto cento passi che scorsero il piccolo gruppo che si stava avvicinando. Quel piccolo gruppo era composto di quattro ragazze catalane, amiche di Mercedes, che accompagnavano la fidanzata, alla quale Edmond teneva il braccio. Vicino alla futura sposa camminava il vecchio Dantès e dietro di loro camminava Fernand, con un sogghigno sinistro. I due poveri ragazzi erano talmente felici che non vedevano altro che se stessi e quel bel cielo che li benediceva. Danglars e Caderousse svolsero la loro missione di ambasciatori. Poi, dopo aver scambiato una stretta di mano vigorosa e amichevole con Edmond, Danglars andò sedersi vicino a Fernand e Caderousse di fianco al padre di Dantès, ora centro dell’attenzione generale.
Il vecchio indossava il suo bel vestito di seta, ornato di larghi bottoni di acciaio sfaccettati. Le gambe, sottili ma muscolose, erano coperte da magnifiche calze di cotone molto elaborato, probabilmente di contrabbando inglese. Dal suo cappello a tre punte scendevano un nastro bianco e uno azzurro. Si appoggiava a un bastone di legno lavorato e curvo nella parte superiore, come il pedum degli antichi. Pareva uno di quegli elegantoni che nel 1796 si pavoneggiavano nei giardini riaperti del Luxembourg e delle Tuileries.
Di fianco a lui, come abbiamo detto, si era messo Caderousse, che la speranza di un buon pranzo aveva fatto riconciliare con i Dantès, e a cui ormai non rimaneva nella mente che solo un vago ricordo di quanto era accaduto il giorno prima, come quando ci si sveglia al mattino con qualche memoria del sogno fatto la notte.
Danglars, avvicinandosi a Fernand, aveva gettato al catalano imbronciato uno sguardo profondo. Fernand camminava dietro ai fidanzati, completamente trascurato da Mercedes che, con l’egoismo giovanile tanto caro all’amore, aveva occhi solo per il suo Edmond. Fernand era pallido, con improvvisi rossori che lasciavano il passo a pallori sempre più evidenti.
Ogni tanto guardava verso Marsiglia e allora un fremito nervoso e involontario lo percorreva da capo a piedi. Sembrava aspettare o almeno prevedere qualche avvenimento. Dantès era vestito con semplicità. Appartenendo alla marina mercantile indossava un abito tra l’uniforme militare e l’uniforme civile; e con quest’abito il suo bell’aspetto, anche per la gioia e la bellezza della sua fidanzata, appariva superbo. Mercedes era bella come una di quelle greche di Cipro o di Cèos dagli occhi d’ebano e dalle labbra di corallo. Camminava con il passo agile e tranquillo delle andaluse. Una ragazza di città avrebbe forse cercato di nascondere la sua gioia sotto un velo o almeno sotto le palpebre, ma Mercedes sorrideva e guardava tutto ciò che aveva intorno; il suo sorriso e il suo sguardo dicevano palesemente quanto le parole avrebbero faticato: “Se mi siete amici rallegratevi, perché sono davvero molto felice”.
Quando i due fidanzati e i loro accompagnatori furono in vista della Réserve, Morrel scese e andò loro incontro, seguito dai marinai e dai soldati, con i quali era rimasto, confermando la promessa già fatta a Dantès: sarebbe stato il successore del capitano Leclère. Edmond, vedendolo arrivare, lasciò il braccio della fidanzata e lo cedette a Morrel. L’armatore e la ragazza diedero allora l’esempio e salirono per primi la scala di legno che portava alla stanza dove era stato preparato il pranzo. La scala scricchiolò per cinque minuti sotto i passi pesanti dei convitati.
«Padre mio – disse Mercedes fermandosi al centro della tavola – voi starete alla mia destra, alla mia sinistra metterò colui che fino ad ora è stato per me un fratello» e lo disse con una dolcezza che penetrò fino al fondo del cuore di Fernand come un colpo di pugnale.
Le sue labbra si contorsero e sotto il colore scuro del suo viso virile si poté vedere ancora una volta il sangue ritrarsi a poco a poco per affluire al cuore. Intanto Dantès aveva eseguito la stessa manovra: alla sua destra aveva messo il signor Morrel, alla sinistra Danglars, poi con la mano aveva fatto segno che ognuno prendesse posto a suo piacere. Per la tavola circolavano già i salami di Arles, con le carni scure e affumicate, le aragoste con il loro roseo carapace, i ricci di mare che sembrano castagne circondate da una scorza spinosa, le vongole che per i ghiottoni del Mezzogiorno sono buone più delle ostriche del Nord, e tutti qui crostacei delicati che le onde gettano sulla spiaggia sabbiosa e che i pescatori riconoscenti designano con il nome di frutti di mare.
«Che bel silenzio! – disse il vecchio Dantès gustando un bicchiere di vino giallo topazio che papà Pamphile in persona aveva portato da Mercedes – si direbbe che qui ci sono trenta persone che non chiedono altro se non di ridere…»
«Eh, un marito non è sempre allegro» disse Caderousse.
«Il fatto è – disse Dantès, – che sono troppo felice in questo momento. Se è così che intendete, caro vicino, avete ragione. La gioia talvolta fa uno strano effetto: opprime come il dolore»
Danglars osservò Fernand dal cui carattere impressionabile traspariva ogni emozione.
«Andiamo – disse – avete forse qualche timore? Mi sembra al contrario che tutto vada secondo i vostri desideri»
«Ed è proprio questo che mi spaventa  – disse Edmond – a me sembra che l’uomo non sia fatto per raggiungere così facilmente la felicità! La felicità è come quei palazzi delle isole incantate le cui porte hanno i draghi per guardiani: bisogna combattere per conquistarli e io in verità non so quale merito io abbia conquistato per ricevere la ricompensa della felicità di essere il marito di Mercedes»
«Marito, marito… – disse Caderousse ridendo – non ancora, mio caro capitano, prova a vedere per un po’ com’è fare il marito, e vedrai come sarai ricevuto!»
Mercedes arrossì. Fernand si agitava sulla sedia e rabbrividiva al minimo rumore; di tanto in tanto il catalano si asciugava grosse gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, come le prime gocce di un urgano.
«In fede mia, vicino Caderousse – disse Dantès guardando l’orologio – non è un grave errore, per così poco. Mercedes non è ancora mia moglie, è vero… Ma tra un’ora e mezza lo sarà»
Tutti gettarono un grido di sorpresa, eccetto Dantès padre, il cui largo sorriso mostrò denti ancora belli. Mercedes sorrise e non arrossì più. Fernand afferrò convulsamente l’impugnatura del coltello.
«Fra un’ora! – esclamò Danglars, anche lui impallidito – … E come?»
«Sì, amici miei – rispose Dantès – grazie alla buona reputazione del signor Morrel, l’uomo al quale dopo mio padre devo di più a questo mondo, tutte le difficoltà possono dirsi appianate: abbiamo fatto le pubblicazioni e alle due e mezzo il sindaco di Marsiglia ci attende al Palazzo della città. Essendo l’una e un quarto, non credo di essermi sbagliato poi molto nel che tra un’ora e trenta minuti Mercedes si chiamerà signora Dantès».
Fernand chiuse gli occhi: una nube di fuoco gli bruciò le palpebre; si appoggiò al tavolo per non cadere, ma nonostante tutti i suoi sforzi non poté trattenere un sordo gemito che si perse nel rumore delle risate e delle felicitazioni degli altri.
«È così che si fa, no? – disse papà Dantès – Vi sembra si possa dire che questo è perder tempo? Arrivato ieri mattina, oggi sposato! I marinai sì che sanno arrivare alla meta!»
«Ma le altre formalità?»
«Il contratto? – disse Dantès ridendo – il contratto è fatto: Mercedes non ha niente, e io nemmeno! Ci sposiamo nel regime della comunione dei beni: non è lungo da scrivere, e nemmeno da pagare!»
Questa risposta provocò una nuova esplosione di gioia e di evviva.
«E quindi quello che crediamo essere un pranzo di fidanzamento – disse Danglars – è in realtà un pranzo di nozze?»
«No – disse Dantès – state tranquilli, non ci perdete nulla. Domani mattina parto per Parigi; cinque giorni per andare e cinque per tornare, un giorno per eseguire coscienziosamente la commissione di cui sono stato incaricato, e il 12 marzo sarò di ritorno. Il 12 marzo, quindi, ci sarà il vero pranzo di nozze»
La prospettiva di un nuovo festino raddoppiò la felicità generale, al punto che papà Dantès, che all’inizio del pranzo si lamentava del silenzio, ora, in mezzo alla conversazione generale, tentava inutilmente di far udire il suo augurio di prosperità ai futuri sposi. Dantès indovinò il pensiero di suo padre e ringraziò con un sorriso pieno d’amore. Mercedes guardò l’orologio della sala e fece un piccolo segno a Edmond. Regnava nella sala, intorno al tavolo, quell’allegria rumorosa tipica della fine dei pranzi della gente di bassa condizione. Chi era poco soddisfatto del suo posto si era alzato da tavola e aveva cercato altri vicini. Tutti si parlavano uno sopra l’altro, e nessuno si preoccupava di rispondere a chi gli faceva domande.
Il pallore di Fernand era passato identico alle guance di Danglars; e il primo sembrava ormai senza vita, un dannato in un lago di fuoco. Si era alzato tra i primi e camminava per tutta la sala, cercando di isolare i suoi orecchi dal rumore delle canzoni e dal cozzare dei bicchieri. Caderousse gli si avvicinò nel momento in cui Danglars, del quale sembrava voler evitare la compagnia, lo raggiungeva in un angolo della sala.
«In verità – disse Caderousse, a cui soprattutto il buon vino di papà Pamphile aveva tolto i resti dell’odio di cui la felicità inattesa di Dantès aveva gettato i germi nella sua anima – in verità Dantès è un galantuomo e quando lo vedo seduto vicino alla sua fidanzata mi dico che sarebbe stato davvero cattivo fargli il brutto scherzo che tramavate ieri»
«Tu stesso hai visto – disse Danglars – che la cosa non è andata oltre alla fantasia. Il povero Fernand era così sconvolto che sulle prime mi aveva fatto pena; ma dal momento che ha scelto di essere il primo testimone alle nozze del suo rivale, non c’è più niente da dire a riguardo»
Caderousse guardò Fernand. Era livido.
«Il sacrificio è tanto più grande – continuò Danglars – in quanto la ragazza è molto bella. Accidenti, che fortunato furbetto è il mio futuro capitano! Vorrei chiamarmi Dantès, anche solo per dodici ore»
«Partiamo? – disse Mercedes – suonano le due e ci aspettano per le due e un quarto»
«Sì sì, partiamo subito» disse deciso Dantès.
In quello stesso istante Danglars, che non perdeva di vista Fernand, fisso al davanzale della finestra, lo vide spalancare due occhi spaventati, alzarsi come per un sussulto e ricadere al suo posto. Quasi simultaneo risuonò per le scale un rumore sordo: il rumore di passi e il brusio confuso di voci, accompagnati dal cozzare di armi, superò le rumorose esclamazioni dei convitati e attirò l’attenzione generale, che si manifestò all’istante con un inquieto silenzio.
Il rumore si fece vicino: risuonarono tre colpi alla porta. Ognuno guardò il proprio vicino con sguardo sorpreso.
«In nome della legge!» gridò una voce vibrante, alla quale nessuno rispose.
La porta si spalancò e un commissario, cinto della sua sciarpa, entrò nella sala seguito da quattro soldati armati e relativo caporale. L’inquietudine cedette ora al terrore.
«Che succede? – chiese l’armatore facendosi avanti, rivolto al commissario che conosceva –Certamente, signore, ci dev’essere un errore»
«Se c’è un errore, signor Morrel – rispose il commissario – state certo che sarà riparato. Intanto porto con me un mandato d’arresto, e anche se eseguo quest’ordine con dispiacere, sono obbligato ad eseguirlo: chi di voi, signori, è Edmond Dantès?»
Tutti gli sguardi ricaddero sul giovane che, di certo scosso ma fermo nella sua dignità, fece un passo avanti e disse: «Sono io, signore, che cosa volete da me?»
«Edmond Dantès – riprese il commissario – in nome della legge siete in arresto»
«Mi arrestate! – disse Edmond con un leggero pallore – ma perché sono in arresto?»
«Io, signore, non lo so; ma voi lo saprete di certo al vostro primo interrogatorio»
Morrel capì che non c’era niente da fare contro l’evoluzione della situazione, almeno per il momento: un commissario cinto della sua sciarpa non è più un uomo, è l’esecutore della legge. Il vecchio invece si precipitò verso l’ufficiale; ci sono cose che il cuore di un padre o di una madre non capiranno mai. Pregò e supplicò, ma lacrime e preghiere non poterono nulla; la sua disperazione era tuttavia così grande che il commissario ne rimase commosso.
«Signore – disse – state tranquillo. Forse vostro figlio ha trascurato qualche formalità di dogana o di sanità e molto probabilmente quando avrà dato le dovute spiegazioni sarà rimesso in libertà»
«Ma tutto questo che significa?» chiese Caderousse aggrottando le sopracciglia a Danglars che fingeva di essere sorpreso.
«E che ne so io? – disse Danglars – Sono nella tua stessa situazione: vedo quello che accade e non ci capisco niente»
Caderousse cercò con gli occhi Fernand: era scomparso. Tutta la scena del giorno prima gli si materializzò nella mente con terribile chiarezza. Si sarebbe detto che la catastrofe riuscisse nel sollevare il velo che l’ubriachezza del giorno prima aveva calato tra lui e la sua memoria.
«Ehi ehi!– disse con voce rauca – sarebbe questa la conseguenza dello scherzo di cui parlavi ieri, Danglars? In questo caso, guai a chi l’avesse messa in atto, perché sarebbe una vera infamia»
«Niente affatto. – esclamò Danglars – Sai bene che invece ho stracciato il foglio»
«Non l’hai stracciato! – esclamò Caderousse – L’hai spiegazzato e gettato in un angolo, non l’hai stracciato!»
«Taci, che non hai visto nulla. Eri ubriaco»
«Dov’è Fernand?» chiese Caderousse.
«E che ne so! – rispose Danglars – Sarà andato a farsi i fatti suoi. Ma invece di occuparci di questo, cerchiamo di consolare i poveri afflitti»
Infatti, mentre aveva luogo questa conversazione, Edmond aveva stretto sorridente la mano a tutti gli amici e si era costituito prigioniero dicendo: «State tranquilli, l’errore sarà presto chiarito e probabilmente non arriverò neppure alla prigione»
«Oh, certamente, ne risponderei io» disse Danglars che in quel momento si stava avvicinando, come abbiamo detto, al gruppo principale. Dantès scese la scala preceduto dal commissario di polizia e circondato dai soldati. Una carrozza con lo sportello aperto aspettava davanti alla porta; salì e due soldati e il commissario dopo di lui. Lo sportello si richiuse, e la carrozza riprese la via di Marsiglia.
«Addio Dantès! addio Edmond!» gridava Mercedes sporgendosi dalla terrazza.
Il prigioniero intese quest’ultimo grido, uscito come un singhiozzo dal cuore lacerato della fidanzata; si sporse a sua volta dalla portiera e gridò: «Arrivederci, Mercedes!» e scomparve dietro un angolo del forte Saint-Nicolas.
«Aspettatemi qui – disse l’armatore – prendo la prima carrozza che vedo e corro a Marsiglia; vi porterò notizie»
«Andate! – gridarono tutti – andate e tornate presto!»
Dopo questa duplice partenza ci fu un momento di terribile stupore che sconfortò coloro che erano rimasti; Il vecchio e Mercedes rimasero isolati per qualche tempo, ognuno assorto nel proprio dolore. Poi i loro occhi si incontrarono; si riconobbero come due vittime colpite dalla stessa sventura e si gettarono l’uno nelle braccia dell’altra. In quel momento rientrava Fernand, che si versò un bicchiere d’acqua, lo bevve e andò a sedersi su una sedia. Il caso volle che Mercedes, uscita dalle braccia del vecchio, si andasse a sedere proprio lì di fianco. Fernand, con un movimento totalmente incontrollato, spostò indietro la propria sedia. «È stato lui» disse Caderousse Danglars, che non aveva perso di vista il catalano.
«Non credo – rispose Danglars – è stupido come un animale; in ogni caso, il colpo ferisca chi l’ha sferrato»
«Non hai detto niente su chi lo ha consigliato» disse Caderousse.
«In fede mia, – disse Danglars – se dovessimo essere responsabili di tutto quello che si dice così, all’aria…»
«Sì, se quello che si dice all’aria ricade sulla testa di un innocente!»
Intanto gli altri convitati commentavano in piccoli gruppi l’arresto, ognuno facendo la propria supposizione. «E voi, Danglars – chiese qualcuno – che pensate dell’accaduto?»
«Io – disse Danglars – credo che abbia portato qualche merce proibita»
«In questo caso lo avreste dovuto sapere, visto che siete il contabile della nave»
«Sì, è vero; ma il contabile conosce solo quanto a lui dichiarato: so che abbiamo un carico di cotone, e basta; so che abbiamo ritirato il carico ad Alessandria dal signor Pastret, e a Smirne dal signor Pascal, niente di più»
«Ora mi ricordo – mormorò il povero padre– che ieri mi ha detto di avere una cassa di caffè e una di tabacco per me»
«Vedete – disse Danglars – si tratta di questo: mentre non c’eravamo la dogana avrà fatto dei controlli a bordo del Pharaon e avrà scoperto il contrabbando»
Mercedes non lo credeva affatto; soffocato fino a quel momento il suo dolore, a un tratto scoppiò in lacrime.
«Coraggio, coraggio! Speriamo!» disse papà Dantès senza sapere bene quello che diceva.
«Speriamo!» ripeté Danglars.
«Speriamo» tentò di mormorare Fernand. Ma questa parola lo soffocò; le sue labbra si contrassero e non ne uscì suon alcuno.
«Amici!– gridò uno dei convitati rimasto di vedetta sulla terrazza – amici, una carrozza… Ah! è il signor Morrel! Coraggio, coraggio! Di certo ci porta delle buone notizie»
Mercedes e il vecchio padre corsero incontro all’armatore, che incontrarono sulla porta. Il signor Morrel era pallidissimo.
«Ebbene?» chiesero con una sola voce.
«Ebbene, amici miei – rispose l’armatore scuotendo la testa – la cosa è più grave di quanto potessimo pensare»
«Oh, signore – gridò Mercedes – è innocente!»
«Ne sono convinto – rispose il signor Morrel – ma è accusato…»
«Di che cosa, dunque?» chiese il vecchio Dantès.
«Di essere un agente bonapartista!»
I lettori che hanno vissuto l’epoca in cui accadde questa storia, si ricorderanno quanto terribile fosse l’accusa riferita dal signor Morrel. Mercedes gettò un grido e il vecchio si lasciò cadere su una sedia.
«Ah! – mormorò Caderousse – mi hai ingannato, Danglars. Quello che dicevi essere solo uno scherzo è stato fatto. Ma io non voglio lasciar morire di dolore questo vecchio e questa ragazza; vado da loro a dire tutto»
«Taci, disgraziato! – esclamò Danglars afferrando la mano di Caderousse – o non risponderò della tua vita; chi ti dice che Dantès non sia davvero colpevole? Il bastimento si è fermato all’isola d’Elba, lui è sceso, è rimasto un giorno intero a Portoferraio; se hanno trovato qualche lettera compromettente, potrebbero definire suoi complici coloro che lo hanno difeso»
Caderousse aveva l’istinto rapido dell’egoista e comprese tutta la solidità del ragionamento; guardò Danglars con occhi inebetiti dal timore e dal dolore, e per un passo che aveva fatto in avanti ne fece due indietro.
«Allora aspettiamo» mormorò.
«Sì, aspettiamo – disse Danglars – se è innocente sarà rimesso in libertà; se è colpevole, è inutile compromettersi per un cospiratore»
«Allora andiamocene, non riesco a stare più a lungo in questo posto»
«Sì, vieni – disse Danglars, contento di trovare un compagno di ritirata – lasciamo che risolvano da soli il problema».
E se ne andarono. Fernand, ridiventato il sostegno della ragazza, prese Mercedes per la mano e la ricondusse ai Catalani. Gli amici di Dantès riaccompagnarono ai viali di Meilhan il vecchio quasi svenuto. Ben presto la voce che Dantès era stato arrestato come agente bonapartista si sparse in tutta la città.
«L’avreste mai creduto, mio caro Danglars? – disse il signor Morrel raggiungendo il contabile e Caderousse con la volontà di tornare in fretta in città per avere notizie dirette di Edmond dal sostituto procuratore del re, signor di Villefort, che conosceva un po’ – l’avreste mai creduto?»
«Diamine, signore! – rispose Danglars – ve l’avevo detto che Dantès non si sarebbe mai fermato senza alcun motivo all’isola d’Elba, e come sapete questa puntata mi era sembrata sospetta»
«Ma avete detto a qualcuno, oltre che a me, di questo vostro sospetto?»
«Me ne sarei ben guardato – aggiunse a bassa voce Danglars – sapete bene che a causa di vostro zio Policar Morrel, fedelissimo all’altro e orgoglioso del suo pensiero, voi siete sospettato di rimpiangere Napoleone. Avrei temuto di far del male a Edmond, e anche a voi; ci sono cose che un subordinato deve dire al proprio armatore, ma lasciare nascoste agli altri.»
«Bene Danglars, ottimo – disse l’armatore – avete la testa sulle spalle; per questo avevo pensato anche a voi, nel caso in cui il povero Dantès fosse diventato capitano del Pharaon»
«In che senso, signore?»
«Beh, avevo chiesto a Dantès cosa pensasse di voi e se ci sarebbero stai problemi nel lasciarvi al vostro posto; ho visto qualche tensione tra di voi.»
«E lui cos’ha detto?»
«Che pensava a dire il vero di aver avuto qualche screzio con voi in una certa circostanza non meglio specificata, ma che chiunque avesse la fiducia del suo armatore aveva anche la sua.»
«Che falso!» mormorò Danglars.
«Povero Edmond! – disse Caderousse – era davvero un ragazzo bravissimo!»
«Sì, ma ora – disse Morrel – il Pharaon è senza un capitano.»
«Oh! – disse Danglars – non potendo ripartire prima di tre mesi, c’è da sperare che Dantès venga rilasciato in tempo.»
«Si spera, ma fino al rilascio?»
«Ebbene, fino a quel momento io sono qui, signor Morrel – disse Danglars – sapete bene che so tenere una nave quanto un capitano di esperienza. E poi, incaricando me, non dovrete lasciare a casa nessuno quando Dantès uscirà di prigione: lui riprenderà il suo posto, e io il mio»
«Grazie Danglars – disse l’armatore – è una buona soluzione. Prendete dunque il comando, vi autorizzo, e sorvegliate lo sbarco: nonostante quello che succede alle persone, gli affari devono proseguire»
«State tranquillo, signore; ma sarà possibile almeno vederlo, il buon Edmond?»
«Ve lo dirò tra poco, Danglars; cercherò di incontrare il signor di Villefort e cercare di ottenere qualcosa per Edmond. So che è un realista arrabbiato, ma, diavolo!, anche se realista e procuratore del re, è pur sempre un uomo, e non penso che sia cattivo»
«No – disse Danglars – ma mi hanno detto che è molto ambizioso, e le due cose a volte non si distinguono.»
«Insomma – disse il signor Morrel sospirando – si vedrà; salite a bordo, vi raggiungo.»
E lasciò i due amici per avviarsi verso il palazzo di giustizia.
«Lo vedi – disse Danglars a Caderousse – che verso sta prendendo la storia? Hai ancora voglia di andare a liberare Dantès?»
«No, senza dubbio – disse Caderousse – ma è terribile che da uno scherzo si arrivi a simili conseguenze»
«Diavolo, ma chi è stato? Non tu, non io; è stato Fernand. Tu hai visto che ho gettato quel foglio di carta in un angolo, anzi pensavo di averlo stracciato»
«No, no – disse Caderousse – di questo sono certo: me lo vedo ancora, spiegazzato e appallottolato in un angolo, e vorrei che fosse rimasto là.»
«Cosa ci vuoi fare? Fernand l’avrà raccolto, copiato o fatto copiare, o forse nemmeno questo. Ora che ci penso… oddio! E se avesse spedito la mia lettera? Per fortuna avevo falsificato la scrittura… »
«Quindi tu sapevi che Dantès era un cospiratore?»
«Assolutamente no. Come ho detto, credevo di fare soltanto uno scherzo. Sembra che, come Arlecchino, scherzando io abbia detto la verità»
«È lo stesso – disse Caderousse – non so cosa darei perché questa faccenda non fosse mai capitata, o almeno non ne fossi finito coinvolto. Vedrai che ci porterà sfortuna!»
«Se porterà sfortuna a qualcuno, sarà al vero colpevole, e il vero colpevole è Fernand. Non certo noi. Cosa vuoi che ci succeda? Dobbiamo solo starcene tranquilli, muti su quanto è successo e il temporale passerà senza che cadano fulmini.»
«Amen!» disse Caderousse facendo un cenno di saluto a Danglars e poi andando verso i viali di Meilhan, scuotendo la testa e parlando tra sé come fanno le persone assorte nelle preoccupazioni.
«Bene! – disse Danglars – tutto procede come avevo previsto: eccomi capitano ad interim e poi, se quello stupido di Caderousse starà zitto, capitano effettivo. Resta l’eventualità che la giustizia rimetta in libertà Dantès, ma – aggiunse con un sorriso – la giustizia è la giustizia e in lei confido.»

Saltò in una barca ordinando al conducente di portarlo a bordo del Pharaon, dove lo aspettava, come il lettore ricorda, l’armatore Morrel.