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lunedì 13 aprile 2015

Il complotto (II)

Ecco anche la seconda parte del quarto capitolo!
«Ma il modo? …il modo?» disse Fernand.
«Non lo hai ancora trovato?»
«No, non hai detto che lo avresti trovato tu?»
«È vero – riprese Danglars – i francesi hanno questa superiorità sugli spagnoli: gli spagnoli ruminano, e i francesi inventano»
«Inventa, allora, inventa!» disse Fernand con impazienza.
«Cameriere! – disse Danglars – carta, penna e calamaio!»
«Carta, penna e calamaio?» mormorò Fernand.
«Sì, io sono un contabile: la penna, l’inchiostro e la carta sono i miei strumenti, senza cui non saprei fare nulla»
«È tutto su quel tavolo» disse il cameriere indicando gli oggetti richiesti.
«E allora dateceli». Il cameriere prese la carta, la penna e l’inchiostro e li posò sul tavolo sotto il pergolato. «Quando si pensa – disse Caderousse lasciando cadere la mano sulla carta, – che con questa si può ammazzare un uomo con più certezza che ad attenderlo in un bosco per assassinarlo… Ho sempre avuto più paura di una penna, di una bottiglia d’inchiostro e di un foglio di carta che non di una spada o di una pistola»
«Il buffone non è ancora ubriaco come sembra – disse Danglars – versategli ancora da bere, Fernand»
Fernand riempì il bicchiere di Caderousse che, da bravo bevitore, levò la mano dalla carta e la spostò sul bicchiere. Il catalano seguì i suoi movimenti finché Caderousse, quasi sopraffatto da un nuovo attacco di ubriachezza, lasciò cadere, il bicchiere sul tavolo.
«Ebbene…» riprese il catalano vedendo che il resto della lucidità di Caderousse cominciava a scomparire dietro all’ultimo bicchiere di vino.
«Ebbene dicevo, per esempio – riprese Danglars – che se, dopo un viaggio come quello che ha fatto Dantès e in cui è sbarcato a Napoli e all’isola d’Elba, qualcuno lo denunciasse…»
«Lo denuncerò io!» esclamò deciso il giovane.
«Sì, ma in questo caso vi farebbero firmare la dichiarazione, e vi metterebbero di fronte a chi avreste denunciato. Io vi darò gli elementi con cui sostenere la vostra accusa, ne sono certo. Ma Dantès non può restare eternamente in prigione; un giorno o l’altro uscirà, e allora quel giorno sarà terribile per chi ce lo ha fatto entrare!»
«Oh, desidero proprio – disse Fernand – che venga a sfidarmi a duello!»
«Sì, e Mercedes? Mercedes comincerebbe subito ad odiarti se soltanto tu osassi scalfire la pelle del suo amatissimo Edmond!»
«Hai ragione» disse Fernand.
«No, no – riprese Danglars, – se decidiamo una cosa del genere, è evidente, è meglio prendere con tranquillità questa penna, come sto facendo io, bagnarla d’inchiostro e scrivere con la mano sinistra, perché la grafia non sia riconosciuta, la piccola seguente denuncia…» E Danglars, facendo seguire l’esempio all’insegnamento, scrisse con la sinistra e con una scrittura contraffatta che non somigliava affatto alla sua le seguenti parole, che passò a Fernand e che questi lesse a bassa voce:

“Il signor procuratore del Re è avvisato, da un amico del trono e della religione, che tale Edmond Dantès, secondo del bastimento Pharaon, giunto questa mattina da Smirne dopo aver toccato Napoli e Portoferraio, è stato incaricato da Murat di consegnare una lettera per l’usurpatore, e dall’usurpatore di consegnarne un’altra al comitato bonapartista di Parigi. Si avrà la prova del suo delitto arrestandolo poiché si troverà tale lettera nelle sue tasche, in casa di suo padre o nella sua cabina a bordo del Pharaon.”

«Finalmente – continuò Danglars – in questo modo la tua vendetta sarà attribuita alle circostanze, in nessun modo potrebbe ricadere su di voi, e la faccenda andrebbe avanti da sola. Non ti resterebbe che piegare la lettera, come sto facendo io, scriverci sopra “Al signor procuratore del re” e tutto sarebbe finito»
E Danglars lo fece, come per scherzo.
«Sì, sarebbe tutto finito – esclamò Caderousse, che con un ultimo sforzo di lucidità aveva seguito la lettera e capiva istintivamente tutto il male che avrebbe potuto causare una simile denuncia. – sì, tutto sarebbe finito, ma sarebbe un’infamia» E allungò il braccio per prendere la lettera.
«Ma via – disse Danglars allontanando la lettera – quello che ho detto e fatto è soltanto uno scherzo; e sarei il primo a dispiacersi se dovesse capitare qualche sciagura a Dantès, al buon Dantès! Guardate…» Prese la lettera, la stropicciò un po’ con le mani e la gettò in un angolo del pergolato.
«Che sollievo – disse Caderousse – Dantès è mio amico, e non voglio che gli si faccia del male»
«E chi diavolo dovrebbe fargli del male? Certo non io né Fernand» disse Danglars alzandosi e squadrando da capo a piedi il catalano rimasto seduto, che non staccava gli occhi dal foglio di denuncia nell’angolo.
«In questo caso – riprese Caderousse – ci portino del vino, voglio bere alla salute di Edmond e della bella Mercedes»
«Hai già bevuto troppo, ubriacone – disse Danglars – e se continui sarai costretto a dormire qui perché non riuscirai a reggerti in piedi»
«Io? – disse Caderousse alzandosi con l’assenza di un ubriaco – io non riuscirò a reggermi in piedi? Scommettiamo che salgo sul campanile degli Accoules senza bilanciere?»
«E va bene – disse Danglars – scommetto, ma per domani; ora è tempo di tornare a casa. Dammi il braccio e andiamo»
«Andiamo – disse Caderousse – ma non ho bisogno del tuo braccio. Tu vieni, Fernand? Rientri con noi a Marsiglia?»
«No – rispose Fernand – torno ai Catalani»
«Fai male, vieni con noi a Marsiglia, dai!»
«Non ho niente da fare a Marsiglia, e non ci voglio andare»
«Come hai detto? Non vieni? Fai come vuoi. Vieni, Danglars, lasciamo rientrare il giovanotto al suo villaggio, visto che è ciò che vuole»
Danglars approfittò di quel momento di buona volontà di Caderousse per trascinarlo alla volta di Marsiglia; e, soltanto per lasciare a Fernand la via più facile, invece di prendere la rue Rives-Neuves prese la direzione della porta Saint-Victor. Caderousse lo seguiva barcollando, attaccato al suo braccio. Dopo una ventina di passi, Danglars si voltò e vide Fernand prendere il foglio di carta e metterselo in tasca, uscire dal pergolato e andare verso il Pillon.
«Ma che fa? – disse Caderousse –Ha mentito: ha detto che andava ai Catalani e invece va verso la città. Ehi! Fernand! Stai sbagliando strada, ragazzo mio!»
«Sei tu che stai sbagliando – disse Danglars – sta andando dritto per la strada delle Vieilles-Infermeries». «Davvero? – disse Caderousse – avrei giurato che svoltasse a destra. Decisamente il vino è un traditore»
«Andiamo, andiamo – mormorò Danglars – mi sembra che l’affare sia ben avviato e non resti altro che lasciarlo andare avanti da solo».

In vino veritas.

domenica 12 aprile 2015

Il complotto (I)

Ed iniziamo con il quarto capitolo, il cui titolo dice tutto: eccoci all'origine di tutto...

Danglars seguì con lo sguardo Edmond e Mercedes finché non scomparvero dietro a uno degli angoli del forte Saint-Nicolas; poi, voltandosi, scorse Fernand che era ricaduto sulla panca pallido e fremente, mentre Caderousse balbettava le parole di una canzone da osteria.
«Ecco – disse Danglars a Fernand – questo è un matrimonio che non sembra rendere tutti felici!»
«Ed è la mia disperazione» disse Fernand.
«Dunque ami Mercedes?»
«Da quando ci siamo conosciuti, l’ho sempre amata.»
«E te ne stai là a strapparti i capelli invece di cercare una soluzione! Diavolo! non credevo che la gente della vostra razza si comportasse in questo modo.»
«Cosa vuoi che faccia?» domandò Fernand.
«E che ne so io? C’entro qualcosa? Non sono io, mi sembra, l’innamorato di Mercedes, ma tu. Cercate, dice il Vangelo, e troverete.»
«Avevo già trovato.»
«Che cosa?»
«Volevo pugnalarlo l’hombre, ma lei mi ha detto che se fosse successo qualcosa al suo fidanzato si sarebbe uccisa.»
«Mah, queste sono cose si dicono sempre e poi non si fanno.»
«Non conosci Mercedes: ciò che minaccia, esegue.»
«Imbecille! – mormorò Danglars – che si uccida o no, a me poco importa, purché Dantès non diventi capitano»
«E prima che Mercedes morisse – riprese Fernand con l’accento di una decisione irremovibile – morirei io»
«Questo sì chiama amore! – disse Caderousse con una voce mossa dal vino – se non lo è questo, allora non so più cosa sia!»
«Su – disse Danglars – mi sembri un giovane per bene, e vorrei proprio aiutarti, ma…»
«Sì – disse Caderousse – troviamo il modo.»
«Mio caro – riprese Danglars, – sei quasi completamente ubriaco; finisci la bottiglia e lo sarai del tutto. Bevi e non immischiarti in ciò che facciamo: bisogna essere a mente lucida»
«Io ubriaco? – disse Caderousse – ma via! Potrei berne altre quattro di queste bottiglie! Non sono più grandi di una boccetta di acqua di Colonia. Papà Pamphile, del vino!» E per dare effetto alle sue parole, Caderousse batté il bicchiere sul tavolo.
«Dicevi, dunque?» riprese Fernand aspettando con ansia il seguito della frase interrotta.
«Cosa dicevo? Non mi ricordo. Quest’ubriacone di Caderousse mi ha fatto perdere il filo del discorso.»
«E sono ubriaco quanto vuoi... peggio per quelli che hanno paura del vino! Avranno cattivi pensieri e temono che il vino li faccia parlare - e Caderousse si mise a cantare gli ultimi due versi di una canzone molto in voga a quei tempi - Tutti i malvagi bevono acqua, Lo dimostra il diluvio universale. »
«Dicevi – disse Fernand – che vorresti aiutarmi, ma, hai aggiunto…» «Sì, stavo per dire che per darti una mano basta che Dantès non sposi la donna che ami; e il matrimonio potrebbe saltare senza che Dantès debba morire.»
«La morte sola può separarli.» disse Fernand.
«Ragioni come uno stupido, amico mio – disse Caderousse – adesso Danglars, che è un furbo, un maligno, un greco, ti dimostrerà perché hai torto. Dimostraglielo, Danglars, ho garantito io per te. Digli che non c’è bisogno che Dantès muoia… del resto mi dispiacerebbe se morisse, Dantès. È un bravo ragazzo, io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» Fernand si alzò con impazienza.
«Lascialo parlare – riprese Danglars trattenendo il catalano – anche se è ubriaco, non dice baggianate. La distanza separa quanto farebbe la morte… supponete ad esempio che tra Edmond e Mercedes ci siano i muri di una prigione: sarebbero separati né più né meno che se ci fosse una lapide.»
«Sì, ma di prigione si esce – disse Caderousse con quel poco di lucidità che gli restava, mentre cercava di intervenire nella conversazione  – e quando si esce di prigione e si porta il nome di Edmond Dantès, ci si vendica.»
«Che importa!» mormorò Fernand.
«E poi – riprese Caderousse – perché dovrebbero mettere in prigione Dantès? Non ha rubato, non ha ucciso, non ha assassinato.»
«Taci una buona volta!» disse Danglars.
«No, non voglio tacere; voglio che mi si dica perché mai dovrebbero mettere in prigione Dantès. Io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» E mandò giù un altro bicchiere di vino.
Danglars seguì negli occhi ormai inespressivi del sarto il progredire della sua ubriachezza. Poi, rivolgendosi a Fernand: «Capisci – disse – che non c’è bisogno di ucciderlo?»
«Certo, non c’è bisogno se, come dicevi, ci fosse il modo di farlo arrestare.»
«Cercando bene – disse Danglars – si potrebbe trovarlo. Ma perché diavolo m’immischio? Forse la cosa mi riguarda?»
«Non so se la cosa ti riguarda – disse Fernand afferrandogli un braccio – ma so che hai qualche motivo particolare di odio contro Dantès; chi già odia non s’inganna sul sentire altrui.»
«Io? …dei motivi per odiare Dantès? Nessuno, la mia parola! Io ho visto un amico infelice e la sua infelicità mi ha commosso, ecco perché mi sono interessato. Ma poiché credi che io agisca per il mio interesse, addio, amico. Cavatela da solo.»
E Danglars fece a sua volta il gesto di alzarsi.
«No – disse Fernand trattenendolo – stai qui! M’importa poco, in fin dei conti, se odi o no Dantès: io lo odio, e non lo nascondo. Trova il modo, io eseguirò! Purché che non provochi la morte dell’uomo, o Mercedes si ucciderebbe se Dantès fosse ucciso.»
Caderousse, che aveva lasciato cadere la testa sul tavolo, rialzò la fronte e, guardando Fernand e Danglars con occhi pesanti e spenti, disse: «Uccidere Dantès… chi parla di uccidere Dantès? Io non voglio che sia ucciso, io! È mio amico… si è offerto di dividere con me il suo denaro, come io ho diviso il mio con lui… Non voglio che si uccida Dantès!»
«E chi parla di ucciderlo, imbecille! – riprese Danglars – Si sta scherzando, qui. Bevi alla sua salute – e aggiunse riempiendo il bicchiere di Caderousse – e lasciaci tranquilli.»
«Sì, sì, alla salute di Dantès! – disse Caderousse, vuotando il bicchiere – alla sua salute... alla sua salute... alla sua…»

Come al solito non risparmiate consigli!

giovedì 15 agosto 2013

Madame Danglars

Moglie del banchiere arricchito Danglars, è una donna di mondo, dedita a vari passatempi come l'intrattenere relazioni amorose o il civettare con le altre donne. Appare decisa e altrettanto infida, tanto da tradire - quasi - apertamente il marito.

Maria Antonietta con la rosa, di
Élisabeth Vigée-Le Brun


La prima volta che appare, la signora Danglars è nel pieno della sua attività più frequente: amoreggiare con gli uomini. É con quello che si potrebbe definire il suo amante, Lucien Debray e sta discutendo riguardo l'umore di lui. Poi la vediamo attiva ad organizzare il matrimonio della figlia, Eugenie, con il prestante Albert de Morcerf; un'unione voluta principalmente dalla famiglia del generale, ma mal vista dai baroni. La si vede poi spesso in occasioni mondane, a coltivare le sue relazioni all'interno della società parigina - sempre accanto alla figura di Debray, infine accettato anche da Danglars stesso.
L'unica volta in cui la si vede emozionata o - per meglio dire - sconvolta è quando Montecristo riporta a galla quello che verrà poi rinominato 'l'affaire Benedetto', che mostra a tutta Parigi l'infedeltà della donna e la sua natura frivola. In preda alla più profonda confusione, cerca di salvare la sua reputazione da questo scandalo, ma rimane schiacciata sotto il peso delle prove; al processo, dopo aver pianto la sparizione della figlia Eugenie, la donna sviene e viene portata via dall'aula. Forse che una donna così mondana non possa sopportare che le sue frivolezze vengano svelate?

sabato 10 agosto 2013

Haydée

Figlia di Alí Pasciá, viene portata a Parigi come schiava di Edmond. Dall´animo gentile e di indole delicata, é colei che rimarrá al fianco del Conte fino alla fine, profondamente innamorata di lui e finalmente ricambiata.

Boreas, di John William Waterhouse
La prima vista di Haydée avviene dopo una colazione a casa del Conte. Quando tutti si ritirano, Montecristo decide di andare a far visita alla sua schiava - o meglio, non in territorio francese - greca. Ci viene presentata come una donna di incantevole bellezza, orientale nei modi e nei vestiti, che ha al suo servizio tre cameriere. Da subito si manifesta il suo sentimento nei confronti del suo salvatore:

"'Haydée - riprese il conte, - tu sai che siamo in Francia, e di conseguenza sei libera'.
'Libera di fare che cosa?' [...] 'Libera di lasciarmi'.
`Lasciarti? E perché dovrei lasciarti?'
'Che ne so? Vedremo della gente...' 'Non voglio vedere nessuno'.
'E se tra i bei giovani che incontrerai qualcuno ti dovesse piacere, io non saró cosí ingiusto...
'Non ho mai visto uomini piú belli di te, e non ho mai amato che mio padre e te'."

 Queste due figure sono infatti le uniche che le abbiano  garantito sicurezza e protezione. Suo padre, Alí Pasciá di Grecia, le era stato molto affezionato sin da piccola, ma a causa del tradimento di Mondego, era stata abbandonata ad un venditore di schiavi. Qui aveva incontrato il secondo, Montecristo, che la aveva acquistata per un diamante e le aveva restituito la dignitá.
L´astio e il rancore accumulati negli anni nei confronti di Morcerf, la porteranno al punto di parlare pubblicamente del suo passato, una volta istruito il processo contro l´ex tenente Fernand Mondego. Qui la giovane dichiarerá pubblicamente che suo padre era stato venduto ai francesi proprio dal catalano, ingannato e raggirato al solo scopo di permettergli di mettersi in luce nell´esercito e guadagnarsi una vita di lusso. Una volta terminato il processo, e suicidatosi Morcerf, l´unica preoccupazione che ha insieme al conte é quella di coronare l´amore tra Maximilien e Valentine. Vicini al risultato, poco prima che Morrel si risvegli per riunirsi alla ragazza, Haydée si dichiara al Conte, che finalmente mostra - in modo implicito ma chiaro - il suo amore.

"'Oh, sí, ti amo! - disse lei, - ti amo come si ama il proprio padre, il proprio fratello, il proprio marito! Ti amo come si ama la propria vita, come si ama il proprio Dio, perché per me tu sei il piú bello, il migliore, il piú grande degli esseri creati!'
'Sia fatto ció che vuoi, angelo mio! - disse il conte; - Dio, che mi ha resuscitato contro i miei nemici, Dio, ora mi é chiaro, non vuole che mi penta della mia vittoria; volevo punirmi, Dio vuole perdonarmi. Amami dunque, Haydée! Chissá, forse il tuo amore mi fará dimenticare ció che deve essere dimenticato'.
'Ma cosa stai dicendo, mio signore?' domandó la ragazza.
'Dico che una tua parola, Haydée, mi ha illuminato piú di vent´anni della mia lenta saggezza; non ho piú che te al mondo, Haydée; per opera tua mi riconcilio alla vita, per opera tua posso soffrire ed essere felice'."

Al termine di questo dolce scambio di parole, la coppia si dirige verso lo yacht di Montecristo, per permettere alla giovane coppia di avere un momento di intimitá. Quando poi li rivediamo, sono in mare alla volta dell´oriente, presumibilmente verso Montecristo. La dolcezza di questa ragazza, la sua semplicitá, il suo essere é quello che permette all´agente della Provvidenza di riaprirsi ai sentimenti umani.


martedì 6 agosto 2013

Albert de Morcerf

Figlio dei signori Morcerf (Fernand e Mercedes), é coli che consente l´entrata in societá di Montecristo a Parigi. Si era infatti giá incontrato con lui in Italia, a Roma, per il carnevale.

Ritratto di Giovane, di Giorgione

Il primo incontro tra il giovane Albert e Montecristo avviene a Roma. Dopo aver viaggiato insieme a Franz d´Epinay per tutta Italia, decidono di andare nella capitale dello Stato Pontificio per assistere al celeberrimo Carnevale di Roma. Per evitare problemi di alloggio, prenotano una camera presso l´oste Pastrini. In difficoltá a trovare un luogo da cui godersi le sfilate, ai giovani viene offerto di usufruire delle due finestre in palazzo Ruspoli del Conte di Montecristo. Un po´incerti, fanno la conoscenza del personaggio, che con loro si comporta in modo molto gentile.

"'In veritá, signor conte - disse Albert, - non vorremmo abusare...'
'Niente affatto, al contrario, mi fate un grande piacere, mi ricambierete tutto questo un giorno a Parigi, l´uno o l´altro o forse entrambi. [...]'"

E cosí in effetti fará. Poiché infatti Albert viene catturato dal temibile Luigi Vampa, durante il carnevale, sará proprio Montecristo a liberarlo, giacché ha salvato uno degli scagnozzi del brigante. Giunto a Parigi, il Conte viene presentato presso la societá proprio da Albert, impaziente di presentare ai genitori colui che lo ha salvato in Italia.
Innamorato della figlia di Danglars, ma non ricambiato, scatenerá involontariamente la fine del padre; il barone non volendo l´unione fará giungere a Parigi la veritá sulla guerra in Grecia e il tradimento di Morcerf. A Parigi incontra anche Haydée, prima che lo scandalo di Giannina arrivi in cittá, e rimane sconvolto quando scopre che la greca parlava di suo padre come dell´uomo che le ha rovinato l´infanzia. Proprio a causa dello scandalo, si vede costretto a pulire la vergogna calata sulla famiglia sfidando il Conte di Montecristo, dopo aver scoperto che era lui la fonte dei suoi mali, ma la lotta nemmeno si tiene: egli viene a sapere da Mercedes quanto accaduto ad Edmond Dantes e ritira la sfida poiché d´accordo con la sua condotta. Forte ormai la sua rottura con il padre, Albert lascia Parigi insieme alla madre, proprio nel momento in cui Fernand si suicida.

mercoledì 31 luglio 2013

Fernand Mondego

Innamorato come Edmond di Mercedes, Fernand Mondego si rivela da subito ostile al giovane marinaio. Egli é cugino di Mercedes, di origini dunque catalane. Prende parte attivamente alla congiura contro Dantes e, sfruttando la sua assenza, riesce a sposare Mercedes.

Léon Riesener, di Eugène Delacroix

Fernand Mondego

La prima volta che vediamo Fernand si trova accanto a Mercedes, che é in attesa di notizie sull´amato. Lui le ha chiesto - non per la prima volta - di sposarla, ma la donna rifiuta con un forte senso di appartenenza al marsigliese. Egli nutre da subito rancore nei suoi confronti, al punto da architettare insieme a Danglars e Caderousse la sua cattura. 
Si viene a sapere, durante la narrazione, che ha agito da doppiogiochista e traditore nella guerra in Grecia: entrato nelle schiere greche con il grado di generale istruttore, tradisce Alí Pasciá causandone la disfatta.


Il Conte di Morcerf

Ritornato a Marsiglia dopo la guerra con il grado di luogotenente generale, sfrutta i soldi ricevuti grazie al suo tradimento per assegnarsi il titolo di Conte di Morcerf. Riesce intanto a convincere Mercedes, la qualo lo spoda e gli dona un figlio, Albert. Dopo le gloriose giornate di luglio del 1830, Morcerf decide di abbandonare il campo militare e dedicarsi alla politica e all´industria. Ecco come lui stesso lo racconta:


"[...] Nominato pari sotto la Restaurazione, partecipai alla prima campagna, agli ordini del maresciallo di Bourmont; potevo dunque aspirare a un comando superiore, e chi sa cosa sarebbe successo se la dinastia primogenita fosse rimasta sul trono! Ma la rivoluzione di Luglio era a quanto pare abbastanza gloriosa per permettersi di essere ingrata, e lo fu con ogni servizio che non datava dal periodo imperiale; dunque mi dimisi perché, quando ci si sono guadagnate le spalline sul campo di battaglia, non si sa come muoversi sul terreno scivoloso dei salotti. Ho lasciato la spada, mi sono gettato nella politica, mi dedico all´industria, studio le arti utili. Nei vent´anni in cui sono rimasto in servizio ne avevo avuto il desiderio, ma non il tempo".

Egli é infatti il primo a ricevere Montecristo, giunto a Parigi sotto l´invito di suo figlio Albert, ed é anche il primo a sentirne interamente la storia. Da nobile, Fernand sembra aver dimenticato le sue nobili origini e fa di tutto per non parlare del suo passato. É Danglars a svelare che non é un vero conte, ma si é autoattribuito il titolo; in un colloquio con Montecristo dice:

"'[...] voi siete un galantuomo, non é vero?'  
'Credo di esserlo'. 
'E per di piú esperto di blasoni?' 
'Un po´'.
'Ebbene, guardate il colore del mio: é piú solido di quello di Morcerf'
'E perché?'
'Perché io, anche se non sono barone di nascita, almeno mi chiamo Danglars'.
'Quindi?'
'Mentre lui non si chiama Morcerf'. [...] Io sono stato fatto barone da qualcuno, e perció lo sono; lui si é fatto conte da solo, e perció non lo é'."


Nel piano di vendetta del Conte, egli é il primo. Infatti convince Danglars ad indagare su quanto accaduto in Grecia - paese da cui proviene Haydée, la schiava di Dantes - e il barone sfrutta le notizie ottenute per non far maritare sua figlia con Albert. Viene istituito un processo per indagare sull´accaduto a Giannina; sembra si arrivi ad un punto di stallo, quando chiede di prendere parola Haydée.
Venuto a sapere che il responsabile della fuga di notizie é stato Montecristo, Albert lo sfida a duello, ma rinuncia a combattere. Fernand decide allora di andare da Montecristo per sfidarlo lui stesso ma, quando durante un confronto verbale scopre che egli é in realtá Edmond Dantes, fugge spaventato e tremante, per poi suicidarsi.

"Cosí, nel momento stesso in cui le ruote del fiacre scuotevano il selciato dell´androne, rimbombó un colpo di arma da fuoco, e un fumo scuro uscí da uno dei vetri di quella finestra della camera da letto, infranto dalla forza dell´esplosione."
 
Assai triste é la fine di Fernand, che riconosce negli occhi del salvatore di suo figlio colui che una volta era suo rivale in amore, e che per quattordici anni é per colpa sua rimasto in prigione.

lunedì 29 luglio 2013

Mercedes

Il romanzo si apre con il ritorno a casa di Edmond innamorato, che chiede alla fidanzata Mercedes di sposarlo in nome dell´amore che da sempre li unisce. L´amore della donna nei confronti di Dantes non sembra essere cessato neanche 14 anni dopo, quando si ritrovano faccia a faccia a parlare dei piani di vendetta di Montecristo. Ma qual é la veritá su Mercedes la Catalana?


Francisca Sabasa y Garcia, di Francisco Goya

Mercedes la Catalana

Leggendo la descrizione che Dumas fa della ragazza, nel terzo capitolo del romanzo, si ha l´impressione di una ragazza tenera e dolce, in attesa:

"Una bella ragazza dai capelli corvini, dagli occhi vellutati di gazzella, era in piedi, appoggiata a un tramezzo; [...] le sue braccia nude fino al gomito, braccia brune che sembravano modellate su quelle della Venere di Arles, fremevano con impazienza febbrile, mentre batteva il suolo con il piede agile e arcuato, in modo che si intravedeva la forma pura, fiera e ardita della gamba, fasciata da una calza di colore rosso a rombi grigi e blu."

In effetti Mercedes sta aspettando notizie del suo amato Edmond, che da quattro mesi era partito per il mare, mentre al suo fianco sede Fernand, il suo spasimante catalano - suo cugino, tra l´altro - che tenta a tutti i costi di ottenere il benestare al matrimonio.
Nei pochi tratti di questa parte iniziale in cui si parla di Mercedes, la si vede sempre emozionata: per l´imminente matrimonio, per l´imprigionamento di Dantes o per la nostalgia del suo promesso fidanzato. Sino alla morte del vecchio Dantes, gli rimane vicino e lo accudisce, prendendo parte ai funerali come fosse davvero sua parente. Dopo aver perso ogni speranza riguardo il ritorno di Edmond, Mercedes accoglie con particolare affetto Fernand, di ritorno dalla guerra in Grecia, e cede finalmente alle sue proposte. 

  "'Il vecchio morí, come vi ho detto: se fosse vissuto, forse Mercedes non sarebbe mai diventata la moglie di un altro, perché ci sarebbe stato lui a rimproverarle la sua infedeltá. Fernand l´aveva capito, e ritornó solo quando seppe che il vecchio era morto. E questa volta era tenente. La prima volta non disse a Mercedes una sola parola; la seconda le ricordó che lui l´amava. Mercedes gli chiese ancora sei mesi per aspettare e piangere Edmond'
'In tutto - disse l´abate con un sorriso amaro, - diciotto mesi. Cosa puó chiedere di piú l´amante piú adorato?'"

E cosí scopriamo che Mercedes é diventata la moglie di Fernand, nonostante il forte sentimento nei confronti di Dantes.

La signora Morcerf

Divenuta la moglie del tenente Morcerf, la donna diventa una delle signore piú in vista di Parigi. Il figlio Albert é un giovane abile e forte, come si addice ad un prestante uomo della societá parigina. Quando il Conte arriva a Parigi, sembra che ella lo riconosca, come se ancora ricordasse lo sguardo dell´amato Marsigliese. Quando arriva per Edmond il momento di vendicarsi di Fernand, Mercedes e il conte hanno una lunga discussione, poiché sta per verificarsi un duello tra Montecristo e Albert. Qui i due parlano chiaramente del loro passato e scopriamo, oltre al fatto che il suo amore é rimasto intatto, anche un nuovo lato della catalana: la maternitá.

"´'Perdonate, Edmond - disse, - fatelo per me, che ancora vi amo! [...] Vendicatevi, Edmond! - gridó la povera madre, - ma vendicatevi sui colpevoli; vendicatevi su di lui, vendicatevi su di me, ma non su mio figlio!'
'É scritto nel Libro sacro - rispose Montecristo, - "Le colpe dei padri ricadranno sui figli fino alla terza e alla quarta generazione". Poiché Dio ha dettato queste parole al suo profeta, perché sarei migliore di Dio?'

´Perché Dio ha il tempo e l´eternitá, due cose che sfuggono agli uomini.'"

Pur provando un forte sentimento nei confronti di Dantes, Mercedes non puó piú rinunciare al suo ruolo di madre. Questo dialogo influenzerá lo svolgersi del piano del Conte, che risparmierá ovviamente la vita ad Albert. Per quanto riguarda invece Mercedes, Montecristo le lascerá la casa del padre, dismessa e in rovina, quando la sua reputazione a Parigi sará ormai rovinata a causa del passato del marito. Ed é cosí che Dumas la lascia, a Marsiglia.

mercoledì 7 dicembre 2011

Perchè questo blog?

Siamo due fratelli di 16 e 23 anni che vedono nella letteratura una grande potenzialità: creare dei mondi. Il Conte di Montecristo ci sembra l'opera ideale in questo senso: lo si può leggere tutto d'un fiato perchè ha una trama veloce e coinvolgente, ma una volta che si è finito il libro nasce naturale l'idea che la storia sia solo un punto di partenza.

Se hai degli spunti, dei temi da proporre, dei consigli.. Scrivici, parliamone e se vuoi aiutaci!

domenica 4 gennaio 2009

Capitolo IV: Il complotto

Danglars seguì con lo sguardo Edmond e Mercedes finché non scomparvero dietro a uno degli angoli del forte Saint-Nicolas; poi, voltandosi, scorse Fernand che era ricaduto sulla panca pallido e fremente, mentre Caderousse balbettava le parole di una canzone da osteria.
«Ecco – disse Danglars a Fernand – questo è un matrimonio che non sembra rendere tutti felici!»
«Ed è la mia disperazione» disse Fernand.
«Dunque ami Mercedes?»
«Da quando ci siamo conosciuti, l’ho sempre amata.»
«E te ne stai là a strapparti i capelli invece di cercare una soluzione! Diavolo! non credevo che la gente della vostra razza si comportasse in questo modo.»
«Cosa vuoi che faccia?» domandò Fernand.
«E che ne so io? C’entro qualcosa? Non sono io, mi sembra, l’innamorato di Mercedes, ma tu. Cercate, dice il Vangelo, e troverete.»
«Avevo già trovato.»
«Che cosa?»
«Volevo pugnalarlo l’hombre, ma lei mi ha detto che se fosse successo qualcosa al suo fidanzato si sarebbe uccisa.»
«Mah, queste sono cose si dicono sempre e poi non si fanno.»
«Non conosci Mercedes: ciò che minaccia, esegue.»
«Imbecille! – mormorò Danglars – che si uccida o no, a me poco importa, purché Dantès non diventi capitano»
«E prima che Mercedes morisse – riprese Fernand con l’accento di una decisione irremovibile – morirei io»
«Questo sì chiama amore! – disse Caderousse con una voce mossa dal vino – se non lo è questo, allora non so più cosa sia!»
«Su – disse Danglars – mi sembri un giovane per bene, e vorrei proprio aiutarti, ma…»
«Sì – disse Caderousse – troviamo il modo.»
«Mio caro – riprese Danglars, – sei quasi completamente ubriaco; finisci la bottiglia e lo sarai del tutto. Bevi e non immischiarti in ciò che facciamo: bisogna essere a mente lucida»
«Io ubriaco? – disse Caderousse – ma via! Potrei berne altre quattro di queste bottiglie! Non sono più grandi di una boccetta di acqua di Colonia. Papà Pamphile, del vino!» E per dare effetto alle sue parole, Caderousse batté il bicchiere sul tavolo.
«Dicevi, dunque?» riprese Fernand aspettando con ansia il seguito della frase interrotta.
«Cosa dicevo? Non mi ricordo. Quest’ubriacone di Caderousse mi ha fatto perdere il filo del discorso.»
«E sono ubriaco quanto vuoi... peggio per quelli che hanno paura del vino! Avranno cattivi pensieri e temono che il vino li faccia parlare - e Caderousse si mise a cantare gli ultimi due versi di una canzone molto in voga a quei tempi - Tutti i malvagi bevono acqua, Lo dimostra il diluvio universale.»
«Dicevi – disse Fernand – che vorresti aiutarmi, ma, hai aggiunto…» «Sì, stavo per dire che per darti una mano basta che Dantès non sposi la donna che ami; e il matrimonio potrebbe saltare senza che Dantès debba morire.»
«La morte sola può separarli.» disse Fernand.
«Ragioni come uno stupido, amico mio – disse Caderousse – adesso Danglars, che è un furbo, un maligno, un greco, ti dimostrerà perché hai torto. Dimostraglielo, Danglars, ho garantito io per te. Digli che non c’è bisogno che Dantès muoia… del resto mi dispiacerebbe se morisse, Dantès. È un bravo ragazzo, io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» Fernand si alzò con impazienza.
«Lascialo parlare – riprese Danglars trattenendo il catalano – anche se è ubriaco, non dice baggianate. La distanza separa quanto farebbe la morte… supponete ad esempio che tra Edmond e Mercedes ci siano i muri di una prigione: sarebbero separati né più né meno che se ci fosse una lapide.»
«Sì, ma di prigione si esce – disse Caderousse con quel poco di lucidità che gli restava, mentre cercava di intervenire nella conversazione  – e quando si esce di prigione e si porta il nome di Edmond Dantès, ci si vendica.»
«Che importa!» mormorò Fernand.
«E poi – riprese Caderousse – perché dovrebbero mettere in prigione Dantès? Non ha rubato, non ha ucciso, non ha assassinato.»
«Taci una buona volta!» disse Danglars.
«No, non voglio tacere; voglio che mi si dica perché mai dovrebbero mettere in prigione Dantès. Io voglio bene a Dantès. Alla tua salute, Dantès!» E mandò giù un altro bicchiere di vino.
Danglars seguì negli occhi ormai inespressivi del sarto il progredire della sua ubriachezza. Poi, rivolgendosi a Fernand: «Capisci – disse – che non c’è bisogno di ucciderlo?»
«Certo, non c’è bisogno se, come dicevi, ci fosse il modo di farlo arrestare.»
«Cercando bene – disse Danglars – si potrebbe trovarlo. Ma perché diavolo m’immischio? Forse la cosa mi riguarda?»
«Non so se la cosa ti riguarda – disse Fernand afferrandogli un braccio – ma so che hai qualche motivo particolare di odio contro Dantès; chi già odia non s’inganna sul sentire altrui.»
«Io? …dei motivi per odiare Dantès? Nessuno, la mia parola! Io ho visto un amico infelice e la sua infelicità mi ha commosso, ecco perché mi sono interessato. Ma poiché credi che io agisca per il mio interesse, addio, amico. Cavatela da solo.»
E Danglars fece a sua volta il gesto di alzarsi.
«No – disse Fernand trattenendolo – stai qui! M’importa poco, in fin dei conti, se odi o no Dantès: io lo odio, e non lo nascondo. Trova il modo, io eseguirò! Purché che non provochi la morte dell’uomo, o Mercedes si ucciderebbe se Dantès fosse ucciso.»
Caderousse, che aveva lasciato cadere la testa sul tavolo, rialzò la fronte e, guardando Fernand e Danglars con occhi pesanti e spenti, disse: «Uccidere Dantès… chi parla di uccidere Dantès? Io non voglio che sia ucciso, io! È mio amico… si è offerto di dividere con me il suo denaro, come io ho diviso il mio con lui… Non voglio che si uccida Dantès!»
«E chi parla di ucciderlo, imbecille! – riprese Danglars – Si sta scherzando, qui. Bevi alla sua salute – e aggiunse riempiendo il bicchiere di Caderousse – e lasciaci tranquilli.»
«Sì, sì, alla salute di Dantès! – disse Caderousse, vuotando il bicchiere – alla sua salute... alla sua salute... alla sua…»
«Ma il modo? …il modo?» disse Fernand.
«Non lo hai ancora trovato?»
«No, non hai detto che lo avresti trovato tu?»
«È vero – riprese Danglars – i francesi hanno questa superiorità sugli spagnoli: gli spagnoli ruminano, e i francesi inventano»
«Inventa, allora, inventa!» disse Fernand con impazienza.
«Cameriere! – disse Danglars – carta, penna e calamaio!»
«Carta, penna e calamaio?» mormorò Fernand.
«Sì, io sono un contabile: la penna, l’inchiostro e la carta sono i miei strumenti, senza cui non saprei fare nulla»
«È tutto su quel tavolo» disse il cameriere indicando gli oggetti richiesti.
«E allora dateceli». Il cameriere prese la carta, la penna e l’inchiostro e li posò sul tavolo sotto il pergolato. «Quando si pensa – disse Caderousse lasciando cadere la mano sulla carta, – che con questa si può ammazzare un uomo con più certezza che ad attenderlo in un bosco per assassinarlo… Ho sempre avuto più paura di una penna, di una bottiglia d’inchiostro e di un foglio di carta che non di una spada o di una pistola»
«Il buffone non è ancora ubriaco come sembra – disse Danglars – versategli ancora da bere, Fernand»
Fernand riempì il bicchiere di Caderousse che, da bravo bevitore, levò la mano dalla carta e la spostò sul bicchiere. Il catalano seguì i suoi movimenti finché Caderousse, quasi sopraffatto da un nuovo attacco di ubriachezza, lasciò cadere, il bicchiere sul tavolo.
«Ebbene…» riprese il catalano vedendo che il resto della lucidità di Caderousse cominciava a scomparire dietro all’ultimo bicchiere di vino.
«Ebbene dicevo, per esempio – riprese Danglars – che se, dopo un viaggio come quello che ha fatto Dantès e in cui è sbarcato a Napoli e all’isola d’Elba, qualcuno lo denunciasse…»
«Lo denuncerò io!» esclamò deciso il giovane.
«Sì, ma in questo caso vi farebbero firmare la dichiarazione, e vi metterebbero di fronte a chi avreste denunciato. Io vi darò gli elementi con cui sostenere la vostra accusa, ne sono certo. Ma Dantès non può restare eternamente in prigione; un giorno o l’altro uscirà, e allora quel giorno sarà terribile per chi ce lo ha fatto entrare!»
«Oh, desidero proprio – disse Fernand – che venga a sfidarmi a duello!»
«Sì, e Mercedes? Mercedes comincerebbe subito ad odiarti se soltanto tu osassi scalfire la pelle del suo amatissimo Edmond!»
«Hai ragione» disse Fernand.
«No, no – riprese Danglars, – se decidiamo una cosa del genere, è evidente, è meglio prendere con tranquillità questa penna, come sto facendo io, bagnarla d’inchiostro e scrivere con la mano sinistra, perché la grafia non sia riconosciuta, la piccola seguente denuncia…» E Danglars, facendo seguire l’esempio all’insegnamento, scrisse con la sinistra e con una scrittura contraffatta che non somigliava affatto alla sua le seguenti parole, che passò a Fernand e che questi lesse a bassa voce:

“Il signor procuratore del Re è avvisato, da un amico del trono e della religione, che tale Edmond Dantès, secondo del bastimento Pharaon, giunto questa mattina da Smirne dopo aver toccato Napoli e Portoferraio, è stato incaricato da Murat di consegnare una lettera per l’usurpatore, e dall’usurpatore di consegnarne un’altra al comitato bonapartista di Parigi. Si avrà la prova del suo delitto arrestandolo poiché si troverà tale lettera nelle sue tasche, in casa di suo padre o nella sua cabina a bordo del Pharaon.”

«Finalmente – continuò Danglars – in questo modo la tua vendetta sarà attribuita alle circostanze, in nessun modo potrebbe ricadere su di voi, e la faccenda andrebbe avanti da sola. Non ti resterebbe che piegare la lettera, come sto facendo io, scriverci sopra “Al signor procuratore del re” e tutto sarebbe finito»
E Danglars lo fece, come per scherzo.
«Sì, sarebbe tutto finito – esclamò Caderousse, che con un ultimo sforzo di lucidità aveva seguito la lettera e capiva istintivamente tutto il male che avrebbe potuto causare una simile denuncia. – sì, tutto sarebbe finito, ma sarebbe un’infamia» E allungò il braccio per prendere la lettera.
«Ma via – disse Danglars allontanando la lettera – quello che ho detto e fatto è soltanto uno scherzo; e sarei il primo a dispiacersi se dovesse capitare qualche sciagura a Dantès, al buon Dantès! Guardate…» Prese la lettera, la stropicciò un po’ con le mani e la gettò in un angolo del pergolato.
«Che sollievo – disse Caderousse – Dantès è mio amico, e non voglio che gli si faccia del male»
«E chi diavolo dovrebbe fargli del male? Certo non io né Fernand» disse Danglars alzandosi e squadrando da capo a piedi il catalano rimasto seduto, che non staccava gli occhi dal foglio di denuncia nell’angolo.
«In questo caso – riprese Caderousse – ci portino del vino, voglio bere alla salute di Edmond e della bella Mercedes»
«Hai già bevuto troppo, ubriacone – disse Danglars – e se continui sarai costretto a dormire qui perché non riuscirai a reggerti in piedi»
«Io? – disse Caderousse alzandosi con l’assenza di un ubriaco – io non riuscirò a reggermi in piedi? Scommettiamo che salgo sul campanile degli Accoules senza bilanciere?»
«E va bene – disse Danglars – scommetto, ma per domani; ora è tempo di tornare a casa. Dammi il braccio e andiamo»
«Andiamo – disse Caderousse – ma non ho bisogno del tuo braccio. Tu vieni, Fernand? Rientri con noi a Marsiglia?»
«No – rispose Fernand – torno ai Catalani»
«Fai male, vieni con noi a Marsiglia, dai!»
«Non ho niente da fare a Marsiglia, e non ci voglio andare»
«Come hai detto? Non vieni? Fai come vuoi. Vieni, Danglars, lasciamo rientrare il giovanotto al suo villaggio, visto che è ciò che vuole»
Danglars approfittò di quel momento di buona volontà di Caderousse per trascinarlo alla volta di Marsiglia; e, soltanto per lasciare a Fernand la via più facile, invece di prendere la rue Rives-Neuves prese la direzione della porta Saint-Victor. Caderousse lo seguiva barcollando, attaccato al suo braccio. Dopo una ventina di passi, Danglars si voltò e vide Fernand prendere il foglio di carta e metterselo in tasca, uscire dal pergolato e andare verso il Pillon.
«Ma che fa? – disse Caderousse –Ha mentito: ha detto che andava ai Catalani e invece va verso la città. Ehi! Fernand! Stai sbagliando strada, ragazzo mio!»
«Sei tu che stai sbagliando – disse Danglars – sta andando dritto per la strada delle Vieilles-Infermeries». «Davvero? – disse Caderousse – avrei giurato che svoltasse a destra. Decisamente il vino è un traditore»

«Andiamo, andiamo – mormorò Danglars – mi sembra che l’affare sia ben avviato e non resti altro che lasciarlo andare avanti da solo».