giovedì 14 agosto 2014

Padre e figlio (I)

Iniziamo con il secondo capitolo del romanzo!
Ecco il lavoro fatto fino ad ora. Non esitate a farci sapere cosa ne pensate, ovviamente.

Lasciamo Danglars che, alle prese col genio dell'odio, cerca di gettare all'orecchio del suo armatore qualche maligna supposizione contro il suo compagno e seguiamo invece Dantès che, dopo aver percorso la Canebière in tutta la sua lunghezza, prende la rue Noaille, entra in una piccola casa situata sul lato sinistro dei viali di Meillan, sale velocemente i quattro piani di una scala oscura, tenendosi con una mano alla ringhiera e cercando di trattenere i battiti del cuore con l'altra, e infine si ferma davanti a una porta socchiusa che lascia vedere una piccola camera.
Quella era la camera del padre di Dantès.
La notizia dell'arrivo del Pharaon non era ancora giunta al vecchio che, sopra una cassa, era occupato a piantare delle cannucce su cui sistemava con mano tremante nasturzi misti a clematidi che si arrampicavano lungo la pergola della finestra.
Ad un tratto si sentì circondare il corpo da due braccia e una voce ben conosciuta gridare da dietro
«Padre! Mio buon padre!»
Il vecchio gettò un grido e si voltò; poi, vedendo il figlio, si lasciò cadere tra le sue braccia tutto tremante e pallido.
«Che avete dunque, padre? - chiese commosso il giovane - siete ammalato?»
«No, mio caro Edmond, no; ma non ti aspettavo. E la gioia, la sorpresa di rivederti così all'improvviso... mio Dio!... mi sembra di morire!»
«Coraggio, rimettetevi, padre. Sono io, proprio io. Si dice sempre che la gioia non nuoce ed è per questo che sono entrato così, senza avvisarvi; guardatemi, sorridetemi, invece di osservarmi con occhi spaventati. Io sono tornato, e noi saremo felici!»
«Ah, tanto meglio, figlio - riprese il vecchio - ma in che modo potremo? Non mi lascerai più? Vediamo, raccontami quale fortuna ti è capitata!»
«Che il Signore mi perdoni - disse il giovane - di rallegrarmi di una fortuna che faccio con il lutto di una famiglia: ma Dio sa che non ho voluto io questa fortuna! Questo mi è capitato e io non ho la
forza di dispiacermene. Il buon capitano Leclère è morto ed è probabile che con il favore del signor Morrel io ottenga il suo posto... Capitano a vent'anni! Con cento luigi di stipendio ed una provvigione sul carico! Non è molto più di quanto potesse sperare un povero marinaio come me?»
«Sì, figlio mio, sì, infatti questa è una gioia.»
«E perciò voglio che con i primi soldi che guadagnerò voi abbiate una casetta con giardino per piantare le vostre clematidi, i vostri nasturzi ed il vostro caprifoglio. Ma cosa avete, padre? Sembra che state male!"
«Tranquillo, tranquillo, non è niente.»
E, mancandogli le forze, il vecchio cadde.
«Vediamo, vediamo - disse il giovane - un bel bicchiere di vino vi rianimerà, caro padre. Dove tenete il vino?»
«No, grazie, non lo cercare, non ne ho bisogno» disse il vecchio, tentando di trattenere il figlio.
«Lasciate fare, lasciate fare, padre.»
Ed aprì due o tre armadi.
«É inutile - disse il vecchio - non c'è più vino.»
«Come, non c'è più vino - disse Dantès impallidendo a sua volta e guardando prima l'una e l'altra delle guance smunte e increspate del vecchio e poi gli armadi vuoti - come non c'è più vino! Siete rimasto senza denaro, padre?»
«Non sono rimasto privo di nulla, perché tu sei qui.»
«Ma - balbettò Dantès asciugandosi il sudore che freddo gli colava dalla fronte - avevo lasciato duecento franchi, alla partenza, tre mesi fa.»
«Si, sì, Edmond, è vero, ma avevi dimenticato nel partire un piccolo debito con il vicino Caderousse; me lo ha ricordato, dicendomi che se non avessi pagato io per te, sarebbe andato a farsi pagare dal signor Morrel. Allora capisci... per paura che ti compromettesse...»
«Quindi?»
«Quindi ho pagato io per te.»
«Ma - esclamò Dantès - il mio debito con Caderousse era di 140 franchi! E li avete pagati con i duecento franchi che vi ho lasciato?»
Il vecchio fece un segno affermativo con la testa.
«Ma allora avete vissuto - mormorò il giovane - per tre mesi con solo sessanta franchi!»
«Sai di quanto poco io abbia bisogno e di come mi accontenti.»
«Oh mio Dio! Mio Dio! Padre, perdonatemi!» esclamò Edmond, gettandosi ai piedi del buon vecchio.
«Che fai adesso?»
«Ah, mi avete trafitto il cuore!»
«Tu sei qui - disse il vecchio sorridendo - ora tutto è dimenticato, tu stai bene.»
«Sì, io sono qui; eccomi con un buon futuro davanti e con un po' di denaro. Prendete, padre – disse - prendete e inviate subito qualcuno a comprare quello che vi serve.»
E vuotò sulla tavola la borsa che conteneva una dozzina di monete d'oro, cinque o sei scudi da cinque franchi e degli spiccioli.
Il viso del vecchio si turbò.
«Di chi è quel denaro?»
«Mio, tuo, nostro, prendete: comprate delle provviste e state felice, domani ve ne sarà dell'altro.»
«Con calma, con calma - disse il vecchio sorridendo – con il tuo permesso farò uso della borsa, ma con moderazione. Se la gente mi vedesse fare grandi provviste direbbe che ero obbligato ad aspettare il tuo ritorno per fare acquisti.»
«Fate come vi aggrada, ma prima di ogni altra cosa assumete una persona di servizio, non voglio più che usciate di casa solo. Ho del caffè, e dell'eccellente tabacco di contrabbando in una cassetta nel fondo della stiva; ve la porto domani. Ma silenzio, sento arrivare qualcuno.»
«Sarà Caderousse che, avendo saputo del tuo arrivo, viene a salutare.»
«Bene, ecco altre labbra che dicono cose che non pensa il cuore. Ma – mormorò Edmond - è pur sempre un vicino che ci ha reso un favore; che sia il benvenuto!»


Ecco il link al secondo capitolo
http://il-conte-di-montecristo.blogspot.de/2014/08/capitolo-ii-padre-e-figlio.html

A presto!

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